Il prossimo anno non contatemi: Intervista a Giuseppe Maria de Maio

Mesi fa, ho scoperto questo giovane autore: Giuseppe Maria de Maio. È uno scrittore esordiente che affronta il mondo dell’editoria, dalle cose più strane, con i valori di un vero sportivo, come se stesse disputando una partita calcistica o tennistica: passione, dedizione, giudizio, organizzazione, intuitività, empatia. Le sue pagine trasudano di questi valori, di questo senso di nobiltà che dà alla scrittura, ed è qui oggi, ospitato da me, Antonello Costa, per presentarci il suo primo romanzo, Il prossimo anno non contatemi (Urbone publishing, 2023), uno dei primi romanzi italiani dedicati al Fantacalcio.

Ti do il benvenuto Giuseppe e ti anticipo, intanto, che per condurre questa intervista ho scelto dei ruoli o dei momenti calcistici che useremo come metafore; un filo conduttore per spostarci nel tuo campo di Il prossimo anno non contatemi. Come primo ruolo ho scelto l’attaccante, ricordando uno dei migliori attuali, ovvero Kylian Mbappé che da solo, negli ultimi mondiali, è riuscito a tenere testa a tutta la squadra dell’Argentina. Quando hai deciso di diventare un attaccante? Quando hai capito di volerti inserire nel campo del mondo editoriale e dei libri attaccando con il tuo Il prossimo anno non contatemi?

Fino a qualche anno fa, in realtà, ho sempre giocato da portiere, ma da due/tre anni mi sono stancato e ho scelto di giocare in attacco, chiaramente nelle partite di calcetto, tra amici. La tua metafora si specchia, quindi, con quanto si è verificato nella mia vita. Ho deciso di fare l’attaccante nel campo dei libri nel novembre 2020: ho dato il mio ultimo esame a ottobre 2020, avevo quasi venticinque anni, dovevo scrivere solamente la tesi, due settimane dopo circa il mio ultimo esame tutta la mia famiglia è stata colpita dal Covid. Lo abbiamo preso tutti, mia mamma non è stata bene, è stata molto male, e in quel momento ho pensato: se la mia vita finisse da un momento all’altro, io avrei dei rimpianti. E uno di questi rimpianti era non aver mai provato a scrivere; avevo delle idee, le ho sempre avute e ne avevo tante in quel periodo, avevo anche già scritto qualcosa, degli articoli di giornale durante il periodo universitario sia di calcio che di tennis (che rimane il mio sport preferito e spero di inserirlo in futuro in un romanzo). Mi sono reso conto, quindi, che la vita finisce, non si sa mai cosa può succedere il giorno dopo e ho deciso, pertanto, di iniziare a scrivere. A gennaio 2021 ho iniziato il romanzo, ho terminato la prima stesura in due mesi, dedicandogli sette/otto ore al giorno. Il prossimo anno non contatemi è stato, quindi, per me un impeto. Un’idea che ha bussato fortissimo alla mia porta e mi ha detto: fammi venire fuori, fammi venire alla luce, non ce la faccio più a stare qua dentro. Chiaramente era la prima bozza, era meno della metà di quello che poi è diventato, c’erano errori che ho limato con l’aiuto di altri, ma in quel momento avevo soltanto l’esigenza di scrivere la storia, la fabula, la sola successione degli eventi.

Lo scheletro?

Esatto, lo scheletro, l’indice, per avere un mio quadro, una mia visione d’insieme, e dopo ho praticamente riscritto il romanzo. Mi ricordo quanto ho ascoltato una volta da Mattia Signorini: Scrivere è riscrivere. Scrivere non è soltanto mettere mani sul computer o la penna sul foglio: come ha detto un altro scrittore, un amico, di cui leggo molto, Sandro Bonvissuto che da poco sta scrivendo un nuovo romanzo, la scrittura non è solamente l’atto dello scrivere; ma è passeggiare, guardare l’ambiente, le persone, sedersi su una panchina e osservare la gente che passa. Se tu vuoi scrivere devi essere, quindi, più attento alla vita. L’osservazione è il pilastro del processo creativo: la scrittura non è solamente mettere la mano sul computer, quella è la fine. Scrivere è l’ultima cosa, infatti: sono necessarie osservazione e progettazione. Bisogna progettare ogni scena e ogni capitolo volta per volta, costruendo il proprio romanzo a piccoli obiettivi. Dopo i primi due mesi, ci sono tornato, impiegando quattro mesi per migliorarlo, e dopo luglio 2021, dopo l’Europeo, ho iniziato a lavorare con un editor per terminare il lavoro nella primavera del 2022. L’ho mandato a qualche casa editrice fino a ricevere il sì dalla mia, “Urbone publishing” una casa editrice di letteratura sportiva, con pubblicazione febbraio 2023.

Cosa è per te, quindi, la scrittura?

La scrittura è un’educazione emotiva. Scrivendo riesco a stare a contatto con le emozioni, a filtrare tutti i miei pensieri, a dare un ordine a quelli che ritengo più importanti, a costruire un ordine mio. Questa esigenza di scrivere mi ha portato a raggiungere, infatti, un mio ordine. Ma prima di essere uno scrittore, resto un lettore, non stancherò mai di dirlo, se non si legge non si scrive. Sembra una banalità, lo dicono tutti, ma non si può scrivere se prima non si legge: il proprio libro è il prodotto di tutto quello che leggi; alla fine, poi, le storie da raccontare sono tre/quattro, cambia il modo in cui si raccontano quelle storie, e il modo in cui si raccontano cambia dalla padronanza acquisita leggendo e scrivendo. Più si hanno gli strumenti, più si riesce a scrivere, a usare le tecniche di scrittura, a sfumare. Voglio, infatti, continuare a studiare, a padroneggiare meglio questi strumenti, in modo da non farmi travolgere dalla scrittura. Faccio un parallelo col Fantacalcio: ho vinto il Fantacalcio per la prima volta, però mi era stato detto che avevo avuto fortuna. Il prossimo anno non contatemi è come quando ho vinto il Fantacalcio con la fortuna; il secondo Fantacalcio volevo stravincerlo, mettendo in pratica tutto quello che avevo studiato, muovendosi bene nell’asta, facendo scelte ragionate, ponderando ogni singolo giocatore. La prima volta è stata fortuna, la seconda volta volevo dominare la fortuna e il caso. La stessa cosa voglio farla nell’ambito della scrittura: nel primo libro la scrittura mi ha dominato, nel secondo voglio dominarla.

Mi hai raccontato che hai giocato per molto tempo da portiere, e voglio rivolgermi a questo secondo ruolo per la domanda successiva. Ti cito un’aforisma di Massimo Troisi:
Chi ha detto che non è serio amare due donne nello stesso momento o perdere tempo per la formazione della propria squadra?
Come pareresti, quindi, il calcio di qualcuno che accusa il Fantacalcio di poca serietà? Come gli risponderesti?

Paro il suo tiro chiedendogli innanzitutto: hai mai giocato al Fantacalcio? E poi, in risposta: il Fantacalcio ha la stessa dignità delle altre passioni; certo, non bisogna eccedere, trasformare la passione in ossessione. Durante il periodo di scrittura del romanzo, a proposito, ho vissuto in maniera ossessiva il Fantacalcio e lo studio del Fantacalcio: invece di vedere, per esempio, le notizie del giorno, sapevo tutti i report della Serie A, questa raccolta di notizie e storie personali di ogni giocatore. Avevo raggiunto un livello di ossessione, che ero convintissimo dei miei giocatori a ogni partita. Ora la vivo molto meglio, in maniera più leggera e distaccata, come un gioco puro e basta.

A proposito di ossessioni, voglio approfondire con una metafora sul fuorigioco: in alcuni momenti di vita, si supera effettivamente il confine, la metà campo lasciando tutti dietro, si supera la linea tra passione e ossessione. Come si fa, secondo te, a non superare questo limite?

Non si supera il limite ascoltando le persone che ci sono attorno. Se tu stimi e ti fidi di chi ti sta attorno, quelli ti sapranno aiutare. Sto imparando, infatti, ad ascoltare chi mi sta attorno: bisogna essere umili cercando di ascoltare la vita degli altri. Sto provando a fare l’autore, fare come i filosofi che sono al mercato: parlare poco e ascoltare quello che hanno da dire gli altri, captare le emozioni dalle loro espressioni del volto, capire quello che pensano. Capendo gli altri, capisci te stesso. Quando mi parli dell’ossessione, ti rispondo che non si supera il limite solamente ascoltando gli altri, fidandosi di chi ne sa di più, e bisogna essere umili e filtrare tutte le esperienze possibili, per poi decidere cosa fare riguardo se stessi, se avere ancora atteggiamenti ossessivi o no, ma affrontandoli con lucidità.

Passiamo al protagonista di Il prossimo anno non contatemi: Edoardo è un ragazzo appassionato (e ossessionato) di Fantacalcio che ogni anno riunisce il suo gruppo di amici per aprire la stagione fantacalcistica, riunisce, possiamo dire, la sua squadra: Edoardo può essere definito, quindi, nell’ambito delle amicizie un centrocampista-regista, quel tassello fondamentale senza il quale il suo gruppo non sarebbe squadra?

Certo. Edoardo è il fulcro del gioco, è il regista, è quello che ogni anno contatta tutti per giocare, è quello che organizza le aste, è quello che tiene in vita il gruppo di amici, che tiene unite le amicizie. È il regista del gruppo, ma non della sua vita. È una sorta di antieroe: è goffo, è impacciato, è quello che studia per il Fantacalcio ma poi compra Roberto Inglese per duecento milioni; è quello che sbaglia e continua sempre a sbagliare. Grazie al suo mentore del Fantacalcio, Manuel, riesce a raddrizzare la stagione, accoglie tanti consigli, deve essere sempre spronato. Non è, pertanto, regista della sua vita perché ha bisogno di altri per crescere, ma rimane il regista del gruppo. Non riesce a capirlo, però, perché ha questo tarlo in testa, che è la miccia, il ritmo, l’idea prima, l’incidente scatenante della narrazione ovvero vincere il Fantacalcio. È un cavallo che ha i paraocchi, pensa solamente a quello; di quello che gli succede intorno, non se ne rende conto; considera irrilevanti la sua crisi di relazione, le amicizie che sta perdendo, perché il suo obiettivo è il Fantacalcio, che è la sua ossessione.

Parlando del percorso di Edoardo, a parer mio le pagine più belle sono quelle finali, sia quelle in cui ci si avvicina alla parte finale della stagione, sia quelle in cui Edoardo riesce metaforicamente a segnare il rigore decisivo e può finalmente prendere fiato. Ma in cosa, secondo te, Edoardo ce l’ha fatto? Cosa ha capito al termine della stagione?

Edoardo capisce di esser cresciuto. Ha un’epifania che gli fa capire cosa è importante e cosa no nella vita. Capisce che il Fantacalcio non deve essere vissuto come un’ossessione, ma deve essere vissuto come strumento per vivere in modo sano le relazioni quotidiane della sua vita, che siano relazioni sentimentali oppure le relazioni di amicizia. Capisce che il Fantacalcio è uno strumento di crescita, uno strumento che alla fine gli ha consentito di diventare più grande. È stato un eterno bambino, che aveva tanta paura di crescere e che si è rifugiato nell’ossessione del Fantacalcio per non affrontare la vita, ma che è cresciuto alla fine.

Cosa hai, invece, capito tu dopo il tuo rigore decisivo, dopo la pubblicazione di Il prossimo anno non contatemi?

Ho capito che c’è tanta strada da fare, godendosi ogni piccola conquista, che può essere la scoperta di una tecnica di scrittura, oppure la soddisfazione di aver scritto pagine nuove che mi piacciono. Della macchina editoriale ho capito, invece, che se uno deve fare qualcosa, la deve fare con passione. Questo sicuramente non è il campo che mi darà il pane per mangiare, voglio divertirmi e farlo con una spensieratezza che mi possa consentire di raggiungere il massimo dal punto di vista creativo. Nel tennis si dice “giocare a braccio sciolto”, cioè quando non hai il punto decisivo o la palla break o il servizio o non devi chiudere il game: a braccio sciolto riesce anche il rovescio lungo linea; si gioca e si scrive meglio con questa spensieratezza.

Per le conclusioni, ti pongo la domanda che facciamo a ogni nostro intervistato: chi è il tuo Incendiario? Quale libro e il suo autore consiglieresti di leggere a un lettore esordiente?

Sono un po’ di parte; recentemente mi sono buttato nella lettura dei romanzi di Niccolò Ammaniti. Consiglierei: Io non ho paura e Io e te. Sopratutto Io e te, in cui si riesce a vedere attraverso le pagine il maestro, come quel cuoco che con tre ingredienti fa un piatto eccezionale. Quando finisco i suoi libri, ho un buco nel petto, mi sento svuotato: i suoi punti di vista sono quelli dei bambini, che racconta in modo coerente, filtrando la scrittura attraverso la loro emotività. Riesce a ragionare ancora come i bambini, con le loro emozioni quintiplicate. È un vero Incendiario: con i suoi libri riesce a incendiare tutta la foresta.

Ringraziamo tantissimo l’autore Giuseppe Maria de Maio e se siete interessati a Il prossimo anno non contatemi (Urbone publishing, 2023) potete chiederlo in libreria, su Amazon o su IBS.

E tu: hai pubblicato da poco un romanzo, una raccolta di poesie o un saggio e vuoi farlo leggere all’Incendiario? Contattaci tramite email: redazione.incendiario@gmail.com

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