Amico mio: Intervista a Gianmarco Perale

Ho ragionato molto su ciò che sia davvero un “amico”: un concetto tanto largo, si abusa di questa parola, coloro che detraggono il peso dalle spalle amiche, tanti promettono di portare Anchise in groppa, troppi diventano amici e poi nel buio non ne resta nessuno. Mi interrogavo sulle amicizie mentre leggevo Amico mio (NN Editore, 2023) di Gianmarco Perale, sulle altre sfumature di questo rapporto: cosa succede quando l’amico non dona la propria leggerezza all’altro, ma si trasforma in grave, una figura pericolosa la quale rende il rapporto tossico?

Ringrazio Gianmarco Perale di essere oggi mio ospite per dialogare sul suo “Amico mio”, che mi ha gentilmente regalato mesi fa. Sarà un’intervista “metafisica”, come ti avevo accennato, anzi, potrei definirla pirandelliana: immagina che i tuoi due personaggi possano tornare dal loro autore, Tom e Poni in cerca di un confronto con Perale, prima di tornare nella loro casa di carta, il tuo “Amico mio”; fai finta che siano qui davanti a te, due figure silenti che ci ascoltano. Come racconteresti a loro circa la loro nascita? E c’è una storia dietro la scelta dei loro nomi, Tom e Poni?

Tom è sempre esistito. È il ragazzino che sono stato (e che sono ancora). Rappresenta le possibilità che non mi sono dato. Il me senza censura. Lo spingermi fino al limite delle mie ossessioni, e oltre. La possibilità di lasciarmi incendiare, di bruciare fino alla fine, di distruggermi ma di vivere fino in fondo quelle ossessioni, e di viverle senza paura.
Poni è la parte sana di me. Il ragazzino che avrei voluto essere. Equilibrato, con un padre protettivo, simpatico, integrato.
Il nome Tom è arrivato per caso. Cominciai il testo seduto al tavolino della Feltrinelli di Corso Garibaldi, quando vivevo a Milano. Non esisteva ancora il nome, ma già da qualche mese il personaggio cresceva nella mia testa. A un tratto, a qualche metro da me, seduta a un tavolino una madre apprensiva sollecitava un ragazzino che non le rispondeva. Lui era in fondo, tra gli scaffali dei libri, e lei lo chiamava. Ha continuato a chiamarlo prima silenziosamente poi più forte, sempre più forte. Finché a un certo punto si è alzata e ha detto a voce alta: “Tom!”. Tutti si sono girati (io la guardavo già). Il ragazzino la guardava da lontano, sorridendo, e continuava a non tornare. In quel momento ho rimesso gli occhi sul computer e ho pensato “Si chiama Tom.”, e ho iniziato a scrivere.

Paride è solo un nome che mi piace. Poni è un diminutivo dolce.

Rivolgendoti a ognuno singolarmente, con quali parole gli spiegheresti cos’è un vero amico? E quale lezione impartiresti loro affinché i rapporti futuri non superino il limite tra sano e tossico?

Direi a entrambi la stessa cosa: l’amicizia è un sentimento forte, che per retaggi culturali etichettiamo con un colore diverso rispetto all’amore (inteso come Storia d’amore), ma che ha la stessa origine. Lo stesso potere. Un amico è qualcuno che amo, per il quale mi preoccupo, con il quale rido e piango e progetto e sogno. Le Storie d’amore sono poi così diverse? A volte, quando ci rifletto, mi chiedo: può essere l’amicizia una Storia d’amore al netto della gelosia e del senso di possesso e di tutte quelle cose che distruggono l’uomo?

Direi a loro che ancora non ho una risposta, ma che la sto cercando. E che come scrisse Nietzsche, “Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male.”.

Quale lezione hanno dato loro a te?

Mi hanno insegnato che, nel bene e nel male, se si vuole crescere, la vita la si deve attraversare.

Ed esagerando, immaginandoteli davvero come persone in cerca d’aiuto e non come personaggi in cerca d’autore, analizzando la loro vicenda, il loro passato, vissuto, stato d’animo: di chi è secondo te la reale colpa di quanto è accaduto nel romanzo? E perché?

La colpa non esiste. Tom è un ragazzino cresciuto senza un padre, con una madre assente. Potremmo incolpare la madre. Ma una volta incolpata lei, dovremmo ripercorrere la sua vita scoprendo forse che è cresciuta in una famiglia che non la considerava, o che la maltrattava, probabilmente l’ultima dei fratelli. Forse scopriremmo che ha incontrato poi un uomo che la faceva sentire importante e che dopo averla messa incinta se ne è andato e che questo abbandono ha influito negativamente sul suo equilibrio come madre, portandola a non vedere, non ascoltare, non perdonare il figlio perché nel figlio vede la sua vita. Ma è una vita che odia, e perciò lui rappresenta le possibilità sfumate di un’esistenza che sperava più semplice, economicamente più agiata, senza debiti. Così la madre si incupisce, è pensierosa, distratta, intollerante. Possiamo incolparla? Forse avrebbe più senso incolpare i genitori di lei, i nonni di Tom, probabilmente di bassa estrazione sociale e cresciuti nella prima metà del Novecento in una famiglia di contadini. Abituati a vedere uccidere a mazzate conigli, maiali e altri animali. Abituati alla brutalità della vita più di quanto lo siamo noi. E questa loro brutalità influisce sui figli, sulla madre di Tom, e quindi su Tom. E se ripercorriamo questa strada al contrario arriviamo agli inizi del mondo. La colpa non esiste, credo.
E se esiste, tutti ce l’anno e nessuno ce l’ha. Esistiamo e viviamo. A volte nella luce e a volte nelle
tenebre. Portando con noi gli orrori di chi è venuto prima, e consegnando gli stessi orrori a chi viene
dopo.

Avvicinandoci alle ultime domande, ti chiedo: da un punto di vista prettamente linguistico, come sei riuscito a entrare nelle loro vesti?

Parlare come un ragazzino significa tornare al te stesso ragazzino. Risvegliarlo. Rivivere quello che hai già vissuto.

Come ultima domanda, modifico la solita che proponiamo a tutti: chiediamo, infatti, qual è il tuo Incendiario, ovvero il libro e il suo autore che consiglieresti a un lettore esordiente. Voglio, invece, chiederti: quale libro consiglieresti a Tom? E quale a Poni?

A Tom e a Poni consiglierei lo stesso libro: Un amore senza fine di Scott Spencer (nella traduzione di Tommaso Pincio). Non è il mio Incendiario, ma potrebbe essere il loro. È un libro stupendo.

Ringraziando Gianmarco Perale, ricordo che potete trovare il suo Amico mio in libreria, su Amazon e su IBS.

E se tu hai un romanzo da farci leggere o un racconto, una serie di poesie, una recensione o un articolo di critica inediti e vuoi vederlo sull’Incendiario, inviacelo tramite email: redazione.incendiario@gmail.com

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