Ti è mai capitato di dimenticare qualcosa a casa?
Di non portare il biglietto, o il portafoglio, o il telefono.
Le cuffie, il libro, o le chiavi.
La sciarpa, le medicine, l’ombrello.
Ti è mai capitato, invece, di non portare te stesso?
Uscire, lasciandosi indietro.
Ti è mai capitato di non essere dove il tuo corpo è?
Che le parole non entrino nelle orecchie.
Che le sensazioni si offuschino.
Ti sei ricordato di portarti?
O ti sei lasciato a quella festa? A quel concerto.
In quella casa, in quella vacanza, in quella stazione.
Tra quelle braccia calde, tra quelle gambe.
In quegli odori, in quei sapori.
Tra il suono di quelle parole.
Ti è mai capitato di obliarti, deliberatamente?
Pensare di essere troppo spaziosi per il proprio zaino.
Di essere troppo pesanti per le proprie spalle.
Di non reggere il globo, di essere Atlante.
Ti è mai capitato?
Essere l’eco di ciò che si è stati.
Ti è mai capitato?
Ricercarsi nella frivolezza.
Ritrovarsi poi altrove.
E riportarsi un’altra volta a casa, più leggeri.
Di Lorenzo Foschi
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