Racconti oltre i Margini: Ragni
<< Uccidevo i ragni perché mi ricordavano quanto fossi fragile in questo mondo. Così fragile da convincermi che otto zampe tremolanti potessero infliggermi i dolori più atroci, e assicurarmi un posto all’inferno.>>
-Muori, muori!
Sara schiacciò con cura la suola della scarpa sul corpo dell’insetto. Un colpo secco, dopodiché girò la punta del piede su se stessa, facendo scricchiolare il cadavere. Una bambina, seduta a terra poco distante, si levò il pollice insalivato dalla bocca.
-Perché l’hai fatto?
Sara guardò la sorellina, sgranando gli occhi.
-Perché i ragni fanno schifo.
La mano rabbrividì, a contatto con un capello caduto. La sorellina scosse la testa.
-A me stava simpatico. Adesso la mamma e il papà lo cercheranno.
La ragazza scese in ginocchio, sistemandosi accanto alla bambina.
-Nessuno lo sta cercando, è solo un ragno.
-Non è solo un ragno. Tanti gli vogliono bene, io gli voglio bene.
-Non dire sciocchezze.
Prese in braccio la bambina e alzò la pianta del piede.
Quella sera a letto si accoccolò al centro del materasso, guardinga. Ultimamente aveva visto più ragni in quella casa; e la maggior parte si concentrava negli angoli della sua camera. All’inizio erano piccolini, dalle lunghe zampe trasparenti, poi ne aveva notati di neri e bitorzoluti; irrequieti e tremolanti nelle loro ragnatele scadenti. Infine, i rumori. Piccoli schiocchi, umidi e voraci avevano iniziato a risuonare in camera. Aveva creduto a un difetto delle orecchie, andando perfino a farsi controllare; eppure non risultava nulla. I ragni amavano l’umidità di quel luogo, per questo il suo intuito le aveva suggerito di prendere un deumidificatore, per rendere l’ambiente più ostile. Dopo settimane, sembravano essere triplicati. Poco importava, comunque, finché fossero rimasti distanti e fuori dalla sua portata. Ma un giorno, aprendo l’armadio, le era sembrato di vederne uno zampettare via, trovando spazio tra le volute di stoffa. Qualche tempo dopo, ne aveva sorpreso un altro sostare a lungo sul suo impermeabile. Le lunghe zampe nere si stendevano in tutta la loro lunghezza, agganciate al tessuto. Prima che corresse via, fu sicura di aver notato un bagliore di sfida nei suoi minuscoli occhi lucidi. Oggi ne aveva ucciso uno, per la prima volta. Quel ragno non si era limitato a sbucare da qualche fessura della casa. Stavolta era convinta che avesse un obiettivo.
Allungò di scatto la mano verso il piede destro. Grattò nervosamente. Pizzicava. Accese la luce e si guardò intorno.
-Spegniii.
La voce assonnata della sorellina fece capolino nella notte.
-Sì, scusami.
Clic. Ne seguì un altro subito dopo. Non era l’interruttore. Sara si rigirò nel letto, grattandosi nervosamente il piede. Accese di nuovo, stavolta spostando le lenzuola. Fissò incerta il materasso spoglio e pulito.
-Saraaa.
-Ok, ok.
Clic. Clic. Clic. Gratta. Più forte. Ma dove sono finiti i ragni. Accese nuovamente la luce. Aguzzò la vista verso gli angoli remoti della camera da letto, solitamente pieni di corpi neri appesi nel vuoto. Nulla. Gratta, ancora. Spalancò gli occhi, mentre un pensiero iniziò a farle tremare le mani.
-Spegni, spegni!
Clic.
Quel pomeriggio.
Clic. Clic.
Sotto il piede.
Clic. Clic. Clic.
Il ragno era scomparso.
Sbarrò gli occhi.
Stanno uscendo.
Gratta, ancora.
Clic. Clic. Clic.
Gratta! Gratta!
Racconto inedito di Roberta Sciuto
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