Via col vento

Millesette pagine che volano leggere, una storia d’amore appassionata intrecciata con una coinvolgente ambientazione storica, la forza di Via col vento, la forza di Margaret Mitchell è in realtà doppia, sono due i punti di forza:
La semplicità; la storia è di per sé già molto complessa, in più il personaggio principale è tutt’alto che semplice e viene disegnata fin nel dettaglio fisico e interiore, tutto ciò viene alleggerito e reso scorrevole da una semplicità di linguaggio.
In casi come questo, quando si apprezza lo stile di un testo tradotto, il merito è sempre duplice, dell’autrice e del traduttore col difficile compito di attenersi il più fedele possibile, una squadra d’assalto di cui spesso l’autrice è inconsapevole di far parte. Stavolta il merito è invece triplo, l’edizione Rizzoli in questione è stata tradotta da Ada Salvatore e Enrico Piceni.
Via col vento è un romanzo scevro di riflessioni filosofiche, con una narrazione che richiama quella verista, la Mitchell lascia che sia la scena a parlare da sé, concede ai personaggi di essere veri e brutali, a rischio a volte di apparire l’autrice stessa fortemente razzista, la Mitchell preferisce rischiare e farsi invece da parte, lasciando così al lettore le proprie riflessioni: un gesto coraggioso e decisamente audace. Lei affida al personaggio di Rhett il compito di denuncia sociale, uno stratagemma che richiama il tipico fool di Shakespeare o il simpatico stregatto di Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie.
Certi di non essere presi sul serio perché fuori di testa il vecchio William e il buon Lewis affidavano loro tutte le verità più scomode, la buona vecchia Margaret affida così al capitano Butleril compito di denuncia sociale, protetto dalla corazza di uomo immorale e spudorato, il colonnello può condannare l’ipocrisia della società su più livelli, validi ai tempi delle guerre di secessione come a quelli dell’autrice o ai nostri. Il veleno del sarcasmo di Rhett non risparmierà nessuno meno una dei personaggi, meno una che certamente non è Rossella.
Rossella; il secondo punto di forza di Via col vento è la protagonista, una donna narrata nella sua evoluzione dai sedici fino ai ventotto anni, giovanissima certo, eppure difficilmente, arrivati alla millesettesima pagina, si può continuare a chiamarla ancora “ragazza”.
Rossella è la forza di questo capolavoro, perché l’autrice non la risparmia di bruttura, bellissima, tanto bella esteriormente con i suoi occhi verdi e il suo modo seducente di sbattere le ciglia, quanto brutta ed egoista interiormente.
Bellezza esteriore direttamente proporzionata a bruttezza interiore: l’eco di Oscar Wilde con “Il ritratto di Dorian Gray” è fortissima, impossibile da ignorare. Dorian e Rossella sonoprotagonisti affascinanti entrambi ma anche diversi, per il lettore risulta difficile immedesimarsi nel maledetto dandy, se la bruttura di Dorian affascina ma allontana, quella di Rossella non dispiace perché rende così possibile al lettore di identificarsi in lei e provarne simpatia, Rossella O’hara ha origini irlandesi, chissà, si può immaginare in questa scelta un voluto omaggio dell’autrice a uno dei mostri sacri della letteratura mondiale.
Rossella è forte, sia di carattere e determinatezza, quanto forte nel senso di essere il punto di forza nel romanzo, in particolare per ilcontrasto con due altri personaggi, Bella e Melania.
Nel confronto con Bella Watling, la prostituta di Atlanta, emerge il profondo disprezzo reciproco, le due non si rivolgeranno mai parola, una situazione che mi ha fatto pensare a un parallelismo con altre due donne, concedetemi questa piccola divagazione: nell’anime Lady Oscar ci sono due donne, Maria Antonietta e la contessa Du Barry, qui rivolgere parola all’altra significava umiliazione, un mettersi allo stesso livello. Rossella come Maria Antonietta disprezza l’apparire volgare della donna con i capelli rossi, molto trucco in viso e molto profumo addosso, disprezza la sua professione, la sua disinvoltura nel bere alcolici in pubblico.Bella dal suo canto non ha simpatia per Rossella, pur atteggiandosi a gran signora Bella conosce la volgarità dell’altra, Rossella appare sempre composta ma beve in segreto, non gestisce un bordello è vero, ma consente vengano frustati e malnutriti i suoi operai in segheria, Bella fa beneficenza e lo fa in segreto, Rossella sarebbe capace di tutto per arricchirsi.
Bella e Rossella sono inoltre accumunate da un’assenza di spirito materno, almeno in apparenza. Bella, lascia intuire l’autrice, ha un figlio ma non si occupa di lui se non economicamente, eppure nel lettore crescerà un sospetto “e se la donna volesse solo tenere il figlio lontano da un ambiente immorale per il suo bene?”.
Rossella crescerà invece i figli con sé ma senza mai occuparsene veramente, mai una carezza d’affetto, troveranno figure materne altrove come in Melania o nella bambinaia Mammy, l’ex schiava ora libera.
C’è però un paradosso, a rovinare la vita alla piccola Diletta non sarà la madre anaffettiva ma proprio chi di affetto gliene dava troppo: una bugia apparentemente innocente e detta a fin di bene, soprattutto a una bambina che si fida di te, può causare una rovinosa catena di irrefrenabile sciagura.
Bella e Rossella non si parleranno mai ma ci sarà uno sguardocompassionevole verso la fine del libro che racchiude l’intera anima del romanzo, Rossella sente di somigliare a Bella in qualche modo, in fondo il suo nome originale, nella versione inglese era Scarlett, come rossi scarlatto sono i capelli di Bella.
Diverso il confronto con Melania Hamilton, l’unica vera signora di tutto il romanzo, qui trovare punti in comune con Rossella è veramente compito arduo, le compagne di sventure come yin e yang si completano a vicenda.
Melania sarà sempre rispettata persino da Bella e da Rhett.Nonostante caratterizzata da idee estremiste e una fanatica devozione alla patria che fa paura, nemmeno il lettore riuscirà a farsela stare antipatica, prevarrà il suo aspetto gentile e altruista,l’unica persona che forse Rossella abbia mai amato, dopo sua madre.
Rossella O’Hara Hamilton Kennedy Butler, è con lei, con Melania Hamilton Wilkes, in verità che scopre cosa sia l’amore, non con i tre mariti, non c’è amore per Carlo Hamilton sposato per ripicca,né per Franco Kennedy sposato con un subdolo inganno e non c’è amore neppure per Ashley Wilkes, marito di Melania e suoamante platonico, non era amore ma semplice illusione di ragazzina viziata che vuole ottenere ciò che non può avere.
Via col vento romanzo pioniere della letteratura lesbo? Via col vento modello di ispirazione per “Pomodori verdi fritti al Caffè di Whistle stop”? E perché no? In entrambi le coppie di donne protagoniste hanno un omicidio da nascondere, entrambi sono romanzi storici seppur uno di ambientazione più recenti e in entrambi viene denunciata la difficoltà di integrarsi per la popolazione nera.
Tanti sono i richiami alla letteratura del passato per Via col vento,così come clamorosa l’eco lasciata da Margaret Mitchell in autori e autrici e lei successivi.
L’amore di Rossella è per Melania ma lo scoprirà solo quandosarà ormai troppo tardi, non convince neppure l’amore per il terzo marito, Rhett Butler, al cui addio reagirà con il suo solito tranquillo mantra “ci penserò domani, dopotutto domani è un altro giorno”.

Articolo di critica a cura di Ilarione Loi

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