La carezza della memoria: di Carlo verdone

Una scatola piena zeppa di ricordi per sbaglio cade a terra. Un uomo la raccoglie. È avvilito in quel momento perché la sua cara Roma e l’Italia tutta è in ginocchio. È il marzo del 2020. La pandemia sta devastando il paese intero e quell’uomo guarda dall’alto, dal suo terrazzo, una città spenta, senza vita; e non si immagina nemmeno che la mattina seguente, quella sensazione di claustrofobica prigionia possa trasformarsi in un piacevole viaggio nel tempo, nella memoria e nei ricordi. Quell’uomo dal trascorso un sacco bello è Carlo Verdone, non c’è bisogno di farne una presentazione, sappiamo tutti chi è: non solo è il simbolo moderno della Città Eterna ma è anche uno degli attori e registi più prolifici e amati in tutto lo stivale. Uomo di cinema sì, ma anche scrittore, dato che nel 2012 ha esordito con La casa sopra i portici, autobiografia in cui si ricordano i momenti della giovinezza e dell’esordio da regista: aneddoti, confidenze, discorsi, pensieri, un surplus di emozioni che scorreva tra le pagine. Oggi, dopo ben nove anni, il nostro amato Carlo torna a pubblicare un libro che non è solo un’altra raccolta di eventi, è molto di più. È un viaggio, come abbiamo detto in precedenza, e si sa che nei viaggi molto importante è lo spostamento ma ancor più importante è il punto di arrivo. Verdone lo sa bene e nel dispiegare i ricordi, capitolo per capitolo, usa uno stratagemma molto furbo: parte dalle immagini, da fotografie scattate da lui o da qualcun altro che sono state racchiuse in quella scatola assemblata dal compianto segretario Ivo, morto da qualche anno. Ecco che ogni ricordo si struttura su una visione, un’immagine-specchio che riporta l’uomo imprigionato nella sua casa, alla sua infanzia, adolescenza, agli esordi nel programma Non Stop, alle ansie, i dubbi e anche un po’ di depressione, fino alla bellissima riscoperta del rapporto intimo con i figli e con i suoi fan, consapevole di aver dato tanto alla gente e di essere ricambiato, e finalmente, appagato.


Un libro pesante nella sua leggerezza. Pesante non nella sua accezione negativa, ma al contrario, carico di eventi, emozioni, sfumature, ricordi, ma tutto, e dico tutto, è narrato con una leggerezza intima e quasi sacra che a volte turba un po’: abituati come siamo a considerare di valore solo i libri dall’alto contenuto filosofico in cui la riflessione, i traumi e i dolori sono narrati con una gravitas che non lascia spazio al sorriso. Verdone agisce all’opposto, racconta la sua vita, le sue passioni, le sue paure in una visione manichea estranea al mondo contemporaneo: dove il male è solo l’altra faccia del bene e dove accettare ed essere magnanimi -come si intitola un capitolo- non significa essere passivi ma solo essere saggi.

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