Qualche mese fa, facciamo la conoscenza di Rosa Elenia Stravato. Irene Mallozzi rimane incuriosita dal suo romanzo, Il profilo del tempo (Les Flâneurs Edizioni, 2022) e, pertanto, ospita Rosa Elenia Stravato in questa intervista, per L’Incendiario, per scoprire tutti i profili del tempo del suo romanzo.

Le do il benvenuto su “L’Incendiario”: io sono Irene Mallozzi, collaboratrice del blog e un’appassionata di libri e di scrittura. Innanzitutto le faccio i complimenti per il suo romanzo d’esordio, Il profilo del tempo: è fresco, vivace, attraente. Mi ha tenuto compagnia per una sera intera: pagina dopo pagina, ero spinta dalla curiosità di sapere come si sarebbero sviluppate le vicende. Per questo, prima di tutto, le chiedo: come è nato questo romanzo? La storia romantica fra Sara e Edo è autobiografica o frutto della sua fantasia?
Grazie a voi per aver accolto la mia storia con una gentilezza disarmante. È un enorme privilegio, per me, essere in vostra compagnia. Vi ringrazio, altresì, per i complimenti ricevuti. È bello percepire quanto le parole possano evocare nei lettori, è qualcosa di catartico. Questo romanzo è nato lentamente. È nato da considerazioni, frammenti appuntati qua e là su varie agende e note digitali. È nato quando, da studentessa, cercavo di comprendere le mode, i costumi della popolazione disarmonica che incontravo abitualmente nei meandri dell’Università “La Sapienza” di Roma. Ha avuto una gestazione complessa: inviare il manoscritto al mio editore è stato un parto. Avevo il terrore e non perché credessi che la storia non meritasse attenzione, no. Avevo il timore dell’editore in quanto tale, giacché considero la mia casa editrice una benedizione. Ho sempre amato la cura con la quale lavorano sui testi e devo ammettere d’essere cresciuta tanto. In ogni caso è sbocciato in ogni stagione ed il titolo, in fondo, rimanda a un “Tempo” che lascio al lettore.
È un mio personalissimo omaggio alla città e di biografico c’è questo profondo e incondizionato amore per quella che è stata la mia casa, il mio sogno e il mio rifugio. Di biografico, ancora, c’è il rapporto con il cinema e l’idea delle grandi e immutabili amicizie, come quelle di cui si attornia la protagonista. Sara agisce diametralmente all’opposto di come avrei vissuto io la situazione, è il mio lato opposto. La storia di Sara e Edo è nata per raccontarsi, non ha agganci con le mie vicende personali. Ho voluto raccontare una generazione multitasking ma con i cuori audaci, vivaci, impertinenti. Ho cercato di raccontare le vite comuni di due personaggi a cui, chiunque, potrebbe strappare via i panni e calzarli. Mi sono ispirata alla commedia umana senza, spero, essere caduta in qualche etichetta o cliché. Sarebbe bello, in parte qualche confessione mi è arrivata, ricevere dei feedback in merito a quanto di questi due ragazzi aleggi nei miei lettori.
Sono due passanti osservati in qualche pomeriggio in solitaria, gli scontri burrascosi mentre si cercava di avere la meglio per entrare nel bus stracolmo; sono i silenzi assordanti e le mille facce senza nomi incontrate lungo le strade. Mi piace pensare che, da qualche parte, qualcuno possa vivere questa storia. Probabilmente un Edo è già lì che attende, con aria scanzonata, la sua Sara.
Roma è la città che fa da scenario alla maggior parte degli avvenimenti narrati. Nel romanzo fa riferimento soprattutto ai luoghi frequentati dai giovani universitari, sia durante il giorno, fra una lezione e l’altra, sia durante la sera, nei momenti di pausa dallo studio. La giovane protagonista si sente intimamente legata a questa città e dunque, le chiedo: qual è il suo legame con Roma?
Roma è il mio chiodo fisso da quando avevo circa tre\quattro anni. Rimasi folgorata dalla sua bellezza e nel mio piccolo paesino pugliese, Martina Franca, avevo fantasiosamente individuato una zona che le poteva assomigliare. Vi giuro che, ad oggi, la ragione mi resta ignota. Non c’è nulla, assolutamente, che la possa evocare. Che dire? Da bambina ero una piccola fantasia vivente!
Roma è la mia poesia, è la ricerca incessante della necessità di rinnovarsi. È il tramonto che lascia sospettare che, al di là delle apparenze, esiste una luce pronta a mozzare il sospiro. È la nave scuola che ha traghettato i sogni da una costa frastagliata al porto sicuro. È storia, moda, necessità assoluta. Roma t’insegna lo sfarzo, ti mostra la condanna e la miseria; indossa i suoi abiti migliori e ti inganna, può masticarti, succhiarti l’anima ma se comprende il tuo amore non ti lascia annegare. È una madre un pò spocchiosa, indaffarata, ha colori eccentrici e la parlata ammaliatrice ma ti rende libera, franca, unicamente autentica. Ho un rapporto simbiotico con quella che, ad oggi, resta parte di me. Mi ha dato tanto e continua a rendermi partecipe di un miracolo chiamato “vita” e pronto a sciogliersi in mille echi.
L’orologio ad acqua di Villa Borghese, un gioiello unico in tutta Italia, è il luogo in cui ha inizio e ha fine il romanzo. Col tempo, diventa sempre più un rifugio per la romantica Sara, un luogo in cui distaccarsi dalla frenesia della vita quotidiana e dedicare un momento a se stessa, dando voce anche alle emozioni più profonde. Quel luogo, per lei, ha lo stesso potere?
L’orologio di Villa Borghese è un locus amoenus in cui accomodarsi per sfuggire al tempo moderno, alla società liquida. Nella mia vita sono inciampata molte volte in luoghi capaci di spegnere il mondo esterno e portarmi in una dimensione di cura autentica laddove prendermi del tempo. Il mare è il mio pensatoio prediletto poiché racconta sempre qualche aneddoto su di me, mi riporta alle origini, mi spoglia e mi ricompone. A Roma, però, avevo il mio luogo perfetto: la scalinata antistante al museo dell’Ara Pacis. Non vi riesco a spiegare razionalmente le mie ragioni, so che andando lì ho sempre avuto l’occasione per scegliermi. L’effetto dell’acqua corrente, l’idea d’essere in un luogo a temporale, il traffico alle spalle… Un posto, a mio avviso, non convenzionale ma suggestivo. Ma potrei indicarne altri mille. Anche la mia stanza è il luogo in cui rimettere assieme i pezzi, tessere le fila, annodare le cose da ricordare. Sono convinta, poi, che ognuno di noi possiede le chiavi di una stanza recondita nell’anima. In quel luogo c’è l’essenziale e gli attrezzi che sfoderiamo, di volta in volta, vengono a moltiplicarsi a seconda della candeggina in più che spegniamo sulla nostra torta.
Il tempo, quello che Bergson distingueva in tempo fisico, fatto di istanti tutti uguali e misurabile con un orologio, e in tempo soggettivo, fatto di istanti unici e irreversibili che fondano la nostra memoria e il nostro passato, è uno dei protagonisti indiscussi del romanzo. Che valore ha per la protagonista Sara il tempo? Il tempo si scompone anche per lei in tempo fisico e in tempo soggettivo?
Il romanzo ha come titolo quello di un’opera del 1984 di Salvador Dalì, un maestro della storia dell’arte, della storia dell’umanità. È un’opera che risente l’influsso della psicoanalisi e di Freud. Il tempo per Sara è uno stato del cuore, è il metro con cui cuce le sue priorità ed è lo stesso metro con cui si scontra, confronta. Sara non è mai succube del tempo, lo ha detto lei. È lei che definisce le sue personali lancette ma deve, necessariamente, fare i conti con l’idea del fato, del caso. Sara è una governatrice del suo tempo, ha le idee chiare e si muove disinvolta in quella che è la sua vita da “donna in costruzione”. Eppure inciampa in uno sguardo e le lancette impazziscono… Quindi, per la protagonista, il tempo è imperfettamente perfetto. Coincide con la vita, le sue architetture, gli inganni, le inconsapevolezze. Il tempo è Sara che impara a donarsi, si offende, avvampa. Il tempo, pertanto, è una limitazione convenzionale giacché è impossibile definirlo a trecentosessanta gradi e per Sara è occasione.
Da lettrice e amante dell’amore travolgente, giunta all’ultima pagina, inevitabilmente, mi sono posta una domanda: come è finita la storia di Sara e Edo? Ci sarà un seguito del romanzo?
Devo ammettere che questo finale ha avuto l’impatto che desideravo ottenere, non pensavo ricevere rimproveri: ne ho avuti parecchi! In ogni caso, lasciare il finale aperto è stata la prima scelta che ho fatto quando ho pensato al romanzo poiché desidero che siano i lettori a poter immaginare, cercare, quello che potrebbe essere. Ho accolto tanti possibili scenari da alcuni lettori, davvero geniali e chissà se ne resterò affascinata al punto di poterne ricavare un seguito. Mi piace ricevere, come ho già detto, nuove suggestioni… Perciò se qualcuno vuole suggerire come deve andare, può farlo. Devo ammettere, tuttavia, che ho trascritto alcune idee che raccontano due possibili soluzioni a quella promessa sussurrata al vento. Forse Edo e Sara avranno molte cose da spiegarsi, forse qualcuno si frantumerà. Ci potrebbero essere motivi inspiegabili, rancori o forse l’inizio di una rotta sbagliata. Silenzi, accuse, voglie… Chissà. Sara, del resto, una scelta l’ha già fatta, no? Non ci resta che aspettare le loro prossime mosse.
Infine, piena di gratitudine per aver avuto la possibilità di leggere il suo romanzo, le chiedo: quale libro consiglierebbe ai lettori de L’Incendiario? E per quale motivo?
Consigliare un libro, per me, è un atto d’amore immenso e vi ringrazio per questa occasione preziosissima che porterò nei miei giorni. È stato un piacere rispondere a queste domande e spero di esserne stata all’altezza. Vi ringrazio, anche, perché avete dedicato del tempo alla mia penna e questo mi racconta il senso della parola, della carta stampata. Non è così scontato poter raccontare la propria opera e chi sceglie di accogliere le parole che tu hai scritto, per me, è una risorsa strabiliante.
Io sono una lettrice accanita e quindi l’impresa è ardua: ho letto di tutto e continuo a farlo poiché fermamente convinta che non esista una letteratura assoluta. È necessario essere curiosi e i libri c’insegnano a esercitare la nostra curiosità. Premesso che, a mio modesto avviso, per chiunque ami la letteratura è necessario farsi attraversare da Italo Calvino e le sue Lezioni americane; ho il piacere di suggerirvi un romanzo che ho trovato illuminante: L’amore molesto di Elena Ferrante. È una storia difficile da digerire ma scritta con una cura disarmante, con il contagocce per quanto riguarda la creazione di un ritmo narrativo incalzante, struggente. Il romanzo racconta la storia della relazione di Delia, la protagonista nonché narratrice, con sua madre Amelia, che viene trovata morta affogata proprio il giorno del compleanno della figlia. Delia, chiaramente è stravolta da questo boomerang ma ha l’occasione di riscoprire la vera storia di sua madre. Nel contempo cerca di capire cosa possa essere successo la notte in cui è morta. È un percorso di formazione vivace che mostre le mille sfaccettature di un rapporto complesso che muta quando scopre di essere andato oltre la soglia della convenzionalità. Ho letto questo libro anni luce fa ma lo conservo gelosamente perché insegna a non legarsi a ciò che appare, incita a crescere con coraggio e ad avere la possibilità di godersi la propria divergenza.
Rinnovando i ringraziamenti a Rosa Elenia Stravato,
Intervista a cura di Irene Mallozzi.
Puoi trovare Il profilo del tempo (Les Flâneurs Edizioni, 2022) di Rosa Elenia Stravato nelle apposite librerie, su Amazon o IBS.
Hai una poesia, un racconto, un recensione o un articolo di critica nel cassetto? Scrivi alla nostra email: redazione.incendiario@gmail.com