Nostalgia canaglia

In un mondo nel quale lo sguardo è e deve essere sempre rivolto in avanti, lo spazio da dedicare a ciò che è stato risulta ridotto in maniera significativa. Ciò non vuol dire che di esso si smarriscono le tracce, ma, piuttosto, che viene relegato ad un luogo della mente da consultare in forma di reminiscenza, saltuariamente. Perdersi in questi meandri cristallizzati non è un’azione generalmente suggerita, poiché il futuro nasconde opportunità che il passato ha ormai estinto, o almeno così si dice. Chi subisce il fascino di uno sguardo indietro, e chi ne conosce i benefici, non può che discostarsi da queste affermazioni.
La nostalgia, in quanto appartenente alla sfera emotiva umana, appare sostanzialmente contraddittoria. Sebbene tradotta letteralmente significhi “dolore del ritorno”, si potrebbe descrivere come una felicità del passato, alla quale si accompagna una corrispettiva tristezza malinconica, data dalla percezione di qualcosa di concluso o lontano, sia in senso spaziale che temporale. Si tende, dunque, a ricercare sensazioni intense in un passato che viene ricordato come gioioso o, più in generale, migliore. La nostalgia muove verso la valorizzazione di una percezione spesso idealizzata, ma comunque sovente eccessiva, di quanto risiede nella memoria.
L’alterazione è naturale all’interno dei processi di rievocazione umani, poiché la sfumatura che accompagna il ricordo tende a smussarne ogni asperità, laddove vi siano anche delle minime note positive, favorevoli e sufficienti ad alimentare questo schema. Nella generale condizione umana, non avara di miseria, la dolcezza di un ricordo, anche in maniera fittizia individuato come lieto, è un sollievo non di poco conto. Tale atteggiamento risente dell’inclinazione umana a estrapolare del buono da ogni situazione, il cosiddetto “lato positivo”, allo stesso modo in cui di un defunto si evidenziano solo le caratteristiche migliori, benché in vita non lo si stimasse. Per di più, se un’esperienza è, in maniera fondata, positiva, l’effetto nostalgico verrà ancor di più amplificato, e si crederà di non poter essere più felici come lo si è stato in quel periodo, in quel luogo o in quella situazione.

     Perché accade questo?

     Si deve iniziare col dire che, in ogni periodo della vita, la maggior parte delle giornate e degli eventi è da annoverare tra quelle nella media e senza grandi picchi. Molto spesso, ancora, il tedio entra in gioco, e con esso la ricerca di una scossa rispetto alla quotidianità piatta e non di rado ripetitiva. Va aggiunto il fatto che, rispetto ai momenti di gioia, quelli in cui il pungolo della sofferenza si fa sentire, in cui qualche fastidio viene a disturbare lo scorrere normale dei giorni, sono più frequenti e diffusi. La mente tende ad accorpare e ad accantonare tutti i giorni poco degni di nota, mentre mette in evidenza quelli in cui accadono vicende notevoli, con uno scarto rispetto alla norma, anche minimo. Tale processo è lo stesso con il quale gli Sciti del Dialogo di un fisico e di un metafisico leopardiano, i quali «per ciascun giorno infelice della loro vita, gittavano in un turcasso una pietruzza nera, e per ogni dì felice, una bianca; penso quanto poco numero delle bianche è verisimile che fosse trovato in quelle faretre alla morte di ciascheduno, e quanto gran moltitudine delle nere» (G. Leopardi, Operette morali, a cura di L. Melosi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2008, p. 245) La più grande anomalia è rappresentata dai momenti positivamente intensi, che rimangono nella memoria con maggior facilità. Subito dopo vi sono quelli negativamente intensi, maggiori in quantità. Se si tiene a mente la tendenza della mente a levigare le asperità e l’abitudine umana a trovare il lato positivo ovunque, è semplice capire che buona parte di quanto è stato verrà sempre e comunque rievocato, sotto molti aspetti, con maggiore dolcezza. 
Per concludere le premesse, dopo aver parlato di singole situazioni, è bene tenere a mente che la nostalgia si estende, più che altro, su interi periodi storici dell’esistenza; entrambi, brevi e lunghi che siano, vengono condensati e rievocati come un punto nel passato.

     A lungo, la nostalgia è stata trattata come un aspetto negativo nel complesso delle emozioni umane, ma è chiaro che nessuna di esse possa essere considerata totalmente positiva o meno. È necessario individuare le funzioni principali e comprendere quale sia il limite prima che l’emozione risulti nociva.

     In primo luogo, la nostalgia difende e rinforza l’individuo. Ognuno percepisce gli effetti di questa emozione in maniera diversa, con maggiore o minore intensità. Allo stesso modo, i momenti di difficoltà, di angoscia e di stress sono inevitabili e di varia natura. Proprio allora, in situazioni comuni a tutti, può subentrare un forte senso di nostalgia verso un tempo, un luogo o un contesto in cui si è stati, o si crede di essere stati più felici, più spensierati, ottimisti e propositivi. 
La nostalgia spinge al desiderio di un ritorno, impossibile, a quello stato così appagante da poter essere rievocato in maniera nitida. In molti casi, per quanto detto in precedenza, ci si inganna. Un ritorno non sarebbe soddisfacente, se anche fosse vero, ma l’idea permette di cullarsi nel languido e fluttuante stato di grazia che la mente conferisce. Nessuno, però, è più la stessa persona di quei ricordi, ed è questo un punto da tenere a mente. L’essere umano è mutevole, come le stagioni, e non torna mai esattamente uguale, se anche continua a somigliare a se stesso. Per quanto immergersi nel dolce tepore del tempo andato sia una suggestione affascinante, l’approccio col quale ci si pone di fronte ad esso è determinante. 

     È necessaria una specifica, in questo senso: ritornare con la mente alla dolcezza del passato può essere un’azione rischiosa, oppure un ottimo modo per aiutare se stessi. 
Il pericolo sorge qualora il ritorno sia stagnante e indugiare nel passato equivalga a immergersi in un sonno fin troppo lungo. L’illusione di una protezione è, invece, un continuo abbandono della realtà, il quale indebolisce ogni percezione del presente e della mutevolezza di ogni cosa. Ristagnando, ci si sottrae al movimento e si rimane impantanati. Se l’essere umano è dinamico, ecco che il rischio è quello di sopire la sua natura, perdendosi in un continuo ritorno a ciò che non è più, ma che sopravvive in forma di strascico. 
Invece, se questo passo indietro fornisce la possibilità di un differente punto di vista, ben venga uno sguardo a ciò che è, in tutti i sensi, lontano. Il passato, poiché differente, e poiché in esso si era differenti, deve ricordare che tutto è costantemente in mutamento, senza sosta; se spesso si ha la sensazione che in quel determinato punto, col modo di essere attuale, si sarebbe più soddisfatti, ci si inganna. Tutt’al più, si dovrebbe ritrovare in quell’altrove trascorso la motivazione, la spinta propulsiva che, invece di far arenare l’individuo, lo aiuti ad evadere dalla staticità, o gli ricordi che non tutto sarà sempre uguale, nel bene e nel male. 
Perciò, in questo primo punto, la difesa e il rinforzo emergono non nel rifugio, deleterio a lungo andare, quanto piuttosto nel ritorno per trarre linfa e forza, nonché la nozione di mutevolezza. Non è certo un male, di tanto in tanto, rifugiarsi nella memoria del passato, o di un luogo perduto, o di una situazione. Adagiarsi per qualche frangente nella culla accogliente di un bel momento, benché terminato e forse idealizzato, non nuoce.
Protezione, dunque, vuol dire tener conto del passato, utilizzarlo anche come momento di stacco da una realtà pesante, ma non abbandonarsi ad esso e rifuggire in eterno il presente.
Il ricordare la mutevolezza dinamica di ogni cosa si accorda con la necessità di tenere a mente la possibilità di cambiamento. Se una determinata situazione è mutata, vuol dire che anche quella presente può farlo e lo farà inevitabilmente. L’azione dell’individuo, memore di ciò, può essere determinante e ispirata dalla consapevolezza di una condizione inesorabile. La speranza di qualcosa di diverso, ma anche il timore, se non è pietrificante, danno la possibilità di smuovere le carte in tavola quando la stasi prende il sopravvento. L’errore, invece, è quello di agire per modificare quanto nel passato non è accaduto, oppure è accaduto diversamente da quanto si sperava. Qualsiasi cosa sia successa o non lo sia, il passato è passato e non può cambiare; perciò è un bene meditare sopra di esso, senza abbandonarsi al richiamo costante del rimpianto. Agire in funzione dei rimpianti non li elimina, e non cambia le condizioni da esso generate. 

     Altra funzione della nostalgia, e del ritorno, è quella di rispolverare dei lati celati o sopiti dell’individuo. Prendendo sempre spunto dalla mutevolezza citata, si è accennato al fatto che essa agisce in maniera inesorabile, ma non può arrivare a modificare in maniera sostanziale e completa un singolo essere. Inoltre, per come si è parlato di mutevolezza fino ad ora, essa appare come un ente che agisce in maniera attiva, mentre sarebbe corretto parlare di circostanze di vario genere che conducono, gradualmente, ad alterare alcuni aspetti individuali. Essa è, dunque, una conseguenza e non una causa. Tuttavia, la nostalgia come ritorno nel passato, sempre nei modi in precedenza enunciati, sebbene sia nutrimento per il cambiamento, è anche il motore che, attraverso un rispolvero del passato, può far riemergere aspetti personali che ormai erano stati accantonati. 
Cambiamento non equivale sempre a evoluzione, anche nella storia individuale. Talvolta, nel corso di un’esistenza, si dimentica il perché delle cose, il motivo per cui si è giunti nel punto in cui ci si trova e il perché si sta intraprendendo un percorso. Nel corso degli anni, lo spaesamento, la demotivazione e la mancanza di una meta sono frequenti e giustificati, ma proprio il sentimento nostalgico può essere un valido alleato. Attraverso la rievocazione del passato, riemerge nella coscienza la percezione di come si era e di cosa si provava, sebbene sovente alterata. Proprio attraverso un confronto col se stesso del passato, è possibile riportare alla memoria, ricreare le situazioni in cui ogni cosa era più chiara nella mente, oppure in cui l’obiettivo da perseguire non sembrava così irraggiungibile, poiché era grande la volontà. Allo stesso modo, ci si può ricordare della situazione disagevole in cui si era, per recuperare la spinta che aveva permesso di uscirne o di cominciare a provarci. 
Un momento di nostalgia, dunque un breve passo indietro, può portare in tal senso molti più benefici di una serie di tentativi inconcludenti perché condotti alla cieca. Con una sosta di questo tipo ogni tanto, è possibile ritornare e ricordare da dove si è venuti, per puntare nuovamente lo sguardo verso dove si sta andando, oppure, ripercorrendo la storia evolutiva personale, comprendere cosa non c’è più di quel tempo. Ci può essere molta più motivazione attraverso una analisi del passato funzionale che nella sterilità di molte azioni senza una linea reale. In sintesi, la nostalgia può essere un moto propulsore per riprendere in mano situazioni sfilacciate o di smarrimento, attraverso la riscoperta di aspetti sopiti.

     Per concludere, va analizzato un aspetto curioso della nostalgia, forse quello più paradossale: la nostalgia del presente. 
Può capitare di trovarsi nel bel mezzo di un periodo, di una giornata o anche di un breve intervallo di tempo estremamente piacevole, da incorniciare, eppure sentire un magone addosso, la sensazione di vederlo scivolare tra le mani, per quanto rimanga meraviglioso. Accade, nei momenti in cui l’appagamento è massimo, di ritrovarsi in testa il pensiero che a breve tutto ciò che sta accadendo finirà e diventerà un ricordo, del quale si potrà avere effettivamente nostalgia. Proprio mentre si sta vivendo l’acme di un momento positivo, o anche intenso, si ha la sensazione che esso sia già ricordo, e mentre questo in effetti accade, si è persa l’occasione di viverlo appieno. Nel momento stesso in cui l’evento accade, la mente è già proiettata verso quando tutto ciò non sarà più. Ciò non nega l’intensità del momento, piuttosto ne limita la percezione, affiancandole il velo di tristezza tipico della nostalgia. Proprio qui si esprime del tutto il suo paradosso: due sentimenti molto distanti, gioia e tristezza, appagamento e malinconia, coesistono e si sovrappongono in un turbinio complesso e inestricabile. Si può, in breve, godere di un momento gioioso mentre ci si dispiace perché lo stesso è percepito come fuggevole e in fuga. Ecco che l’emozione, presentata come contraddittoria, si esprime al massimo delle sue capacità. 

     L’analisi è volontariamente limitata a considerazioni generali sulla nostalgia, tralasciando alcune tipologie e aspetti, come la nostalgia da un punto di vista legato allo spostamento, nello specifico alla migrazione, oppure la nostalgia in campo politico. L’una è legata ad un sentimento di qualcosa che è lontano per necessità o per forza, in base al motivo dello spostamento; l’altra, invece, in un’accezione quasi sempre negativa, richiama il ricordo di periodi talvolta controversi, ai quali alcuni individui, i cosiddetti nostalgici, cercano di ridare vita attraverso pratiche e manifestazioni volte ad esaltarli.
Indugiare nel passato non è un male, ed è tra le azioni umane più delicate, tuttavia, come in ogni ambito, la necessità di un equilibrio tra richiamo nostalgico e vita presente è indispensabile, e va ben bilanciato per evitare di cadere in eccessi di ricordo o di realismo. La facoltà di ricordare e rievocare emozioni, istanti e sensazioni dona una riserva di possibilità innumerevoli con le quali combinare presente e passato, indipendentemente dalla loro lontananza. La nostalgia può distruggere, ma può anche aiutare a ricostruire, ed è una risorsa indispensabile, ma anche un labirinto oscuro se la si usa senza attenzione. La capacità di sapersi destreggiare tra i suoi percorsi può fornire un appoggio non di poco conto nella vita quotidiana, perciò, è bene addestrarsi a viverla senza immergersi del tutto o, al contrario, respingerla.

Leonardo Borvi per la Redazione de L’Incendiario.

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