Rouge Madeleine: Kamal Tijane
La poesia nella nostra società, credo, abbia una funzione di mero accertamento della realtà. Ci sono strumenti più profondi e concepiti, dopo anni di affinamento, che permettono la riuscita dell’opulenza e della retorica soprattutto in un contesto audiovisivo. In questo spazio disossato dal superfluo che si ammette la poesia di Kamal Tijane.
È un’ode alla vita terrestre disseminata delle sue bassezze tutte corporali, una mimica della memoria che va in tutte le direzioni. I suoni diventano fiori, l’arte incontrata nella vita il pretesto per un settenario.
C’è un qualcosa di schietto ed allo stesso tempo claudicante, nell’impossibilità di un sensibilità nella norma per un poeta, nei versi dell’autore. Uno degli aspetti più riusciti è sicuramente il dipingere la parola attraverso immagini rarefatte ma solide, che appartengono alla sfera della comunicazione quotidiana. Uno spaesamento che, a pensarci bene, è lo stesso che si prova per il semplice atto dell’esistenza.
Tijane prende luoghi del viaggio, materiali, oggetti naturali e li posiziona nel testo come simulacri alla vita e alla realtà. Li glorifica in quanto bisogno di attaccarsi a quello che gli altri chiamano quotidiano mentre per lui e un tempio. Come se la vita fosse la fuga e non la poesia l’evasione.
Rude soirée
Ma colonne vertébrale
Sonne comme un xylophone
Elle est orpheline
De certaines pièces
Comme un meuble en kit
De seconde main
J’essaie de dormir
Ma bouche est sèche
Comme celle d’un raver
N’ayant pas prévu d’eau
Aspra serata
La colonna vertebrale
Suona come uno xilofono
E’ orfana
Di certi pezzi
Come un mobile fai-da-te
Di seconda mano
Provo a dormire
La bocca è secca
Come quella di un raver
Che non ha portato l’acqua
Raturer le Tarot
Pour bien mal lire l’avenir
Dire les mauvaises aventures
Dans les roulottes
Les roulettes de casinos
Ou les bars enfumés
Partout ce boucan
D’élégies débauchées
De bris de tessons
De tétons durcis par la brise
Sans boussoles parmi
Les volcans de larmes
Les rivières fulminantes
Au milieu de grands enfants
Ayant pour seuls manèges
Des trains épileptiques.
Rovinare i tarocchi
Per leggere indistinto il futuro
Dire le sporche avventure
Nelle roulotte
Le roulette di casinò
O i bar affumicati
Ovunque questo baccano
D’elegie depravate
Di strappi di coccio
Di capezzoli induriti dalla brezza
Senza bussole tra
I vulcani di lacrime
I fiumi fulminanti
In mezzo ai grandi adulti
Che hanno per sola occupazione
Dei treni epilettici.
*
L’orchidée souveraine
Se transforme en torche
Sous le regard lâche
De la mandragore
Les cris de douleur
Des folles fleurs
Glissent ainsi que
Les maudites scansions
Sortilèges aux graines semées
Qui fermentent
Pour accoucher
Déchirer la nuit
De revanches immémoriales
L’orchidea sovrana
Si trasforma in torcia
Sotto lo sguardo lascivo
Della mandragora
Le grida di dolore
Dei folli fiori
Scivolano come
Le maledette fotocopie
Sortilegi dai semi neri
Che fermentano
Per partorire
Distrugger la notte
Di vendette immemoriali.
Fidèles aux lois
De l’évolution
Les langues
Sortent des eaux
Aspirent d’un trait
Du gin frappé
Et tracent d’un autre
Sur la peau
La ligne
De moindre pente
Sentier d’expansion
Du désir
Fedeli alle leggi
Dell’evoluzione
Le lingue
Escono dall’acqua
Aspirano d’un tratto
Del gin frappé
E tracciano dall’altro
Sulla pelle
La linea
Di minor discesa
Sentiero d’espansione
Del desiderio
Les neiges d’Anatolie
Jonchent le sol de Cappadoce
N’ont pas la malice parisienne
De se transmuter en boue
Elles se déroulent en tapis
Pour les chevaux sauvages
Sans mors ni selle
Et cette moquette blanche
Est certifiée des tampons
De leurs sabots
Libres de fers
Le nevi d’Anatolia
Sporcano il sole di Cappadocia
Non hanno la malizia parigina
De transmutare in fango
Si srotolano in tappeti
Per i cavalli selvaggi
Senza redini o sella
E questa moquette bianca
È autentica dai timbri
Dei loro zoccoli
Libri di ferro
Poesie di Kamal Tijane, traduzione a cura di Graziano Mazza
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