Costruire una rivista di letteratura non è facile, soprattutto di questi tempi. Le lettere si trovano strette fra due surrogati molto più fascinosi: la recensione social svelta ed appetibile e il meta-approfondimento di riviste culturali serbatoio dove accanto ad articoli di letteratura se ne trovano altri di economia, politica, cinema, teatro e compagnia cantando. Inoltre, i problemi diventano ancor più ingombranti quando si sceglie il mezzo che condurrà i temi e i toni della rivista dal mittente al destinatario-consumatore: è lecito scegliere i social che vanno per la maggiore ed essere visibili? O è preferibile ritirarsi in un’alcova elitaria e sicura di pochi eletti? La risposta va colta nel mezzo. Prescindere dai social nel periodo odierno vuol dire non esistere; eludere questo rapidissimo mezzo espositivo e ritirarsi a vita privata ha solo un significato: far morire la letteratura.
Gli scrittori oggi sono sempre meno visibili: estromessi dal dibattito pubblico appaiono in tv per brevi istanti, magari chiamati da qualche trasmissione per dare imperanti giudizi sul clima politico, economico, ambientale. Sono diventati dei ex machina, alle spalle del giornalista-presentatore di turno, proiettati sui grandi schermi LED, con dietro una libreria stracolma di volumi. Eremiti saggi e solitari sempre meno considerati nel mondo iperdemocratizzato dei social; dove tutti possono prendere parola, costruire rassegne, scrivere recensioni, pubblicizzare le loro poesie. Un continuo circolo e ricircolo di dati, immagini, suoni dove la parola scritta è sempre meno centrale, dove si fa informazione più che approfondimento, dove l’opinione ha scalzato il dibattito e la citazione ha scacciato l’erudizione. Sembra che il rumore a cui siamo abituati da anni stia riempiendo un vuoto inconscio. Se si ripulisce il folto di parole si può notare che sul fondo non c’è terra fertile. Il vuoto è sia culturale che di progetto. Però non si può dare la colpa solo alla comunicazione di massa; quella di per sé, se sfruttata bene può anche aiutare. La diffusione globale di un messaggio costruito e pieno di valori, di slancio e di futuro non può e non deve che essere centrale. Questo vuoto dunque deve ancora essere rintracciato, compreso ed addomesticato. Ritrovarlo, oltre a non essere semplice, può portare lontano, indietro al ‘900 e forse anche prima.
In un articolo del 1907 intitolato Di un carattere della più recente letteratura italiana il filosofo Benedetto Croce, illustrando le caratteristiche della “triade onomastica” formata da Fogazzaro, Pascoli e D’Annunzio, rintracciava in loro la “medesima industria: quella del vuoto”. Questa industria, come la chiama Croce, ha il compito di prendere “la materia prima, sgrossarla, elaborarla, farla diventare manufatto ed infine, consegnarla tramite le vetrine al consumatore”. La materia prima citata da Croce è l’insincerità; questi artisti sono tali e si propugnano come tali, sentono o credono di sentire la propria arte al di sopra del resto. La letteratura quindi non è più quello che è sempre stata: veicolo di emozioni, di rinnovamento culturale, di sviluppo del pensiero. Di pari passo lo scrittore, il poeta, non è più mezzo attraverso cui l’opera d’arte può arrivare ai più, ma al contrario è personaggio, creatore d’arte, e tutto ciò che viene creato non è nulla se non un prodotto, diffuso attraverso i media tramite l’immagine stessa dell’autore. È quest’ultima che passa, è questa che la maggioranza vede. Non si legge più La pioggia nel pineto, ma si legge D’Annunzio attraverso La pioggia nel pineto. Lo stesso paragone può essere riportato ai nostri giorni; non si leggono i romanzi di Saviano come mezzo per conoscere ma come riflesso di Saviano stesso, del suo personaggio mediatico.
L’Incendiario nasce per ribaltare questi presupposti elencati fino a questo punto; l’idea della nostra redazione è quella di rimettere al centro la letteratura. Disciplina complessa declinata nelle sue varie forme: Narrativa, Poesia, Critica, Giornalismo. Democratizzare la disciplina nel senso migliore del termine; oggi, la democrazia è sinonimo di social network, luogo imprecisato in cui tutto ha diritto di essere diffuso ed ascoltato. Non è la nostra filosofia. Noi vogliamo che lo studio, l’applicazione, il sacro fuoco delle lettere possa essere per tutti; vogliamo che l’approfondimento sia di nuovo al centro della società, vogliamo che il dibattito sopravanzi l’affermazione scontata, che le fonti parlino sopra il rumore. Costruire una rivista di letteratura, vuol dire anche confrontarsi con il passato. Le lettere sono frutto della continua evoluzione dei tempi ed il nostro simbolo ne è testimone. Il cerchio all’interno del quadrato: l’infinito percorso circolare della letteratura all’interno del suo mezzo precipuo, il libro. La fiamma che richiama il nome ha diverse declinazioni: si può intendere come sacro fuoco dell’arte o come volontà di bruciare, detonare qualcosa. Ecco, noi vogliamo bruciare le spente voci dell’oggi, le sviolinate televisive, le recensioni passive, le foto di blogger sommersi da valanghe di carta, le lettere come semplice accostamento di parole e non veicolo di verità. Vogliamo bruciare il superfluo e rilanciare la letteratura, quella vera.
Per farlo dobbiamo però lasciare da parte le ipocrisie; siamo nel 2020, la nostra redazione è giovane ed abbandonare l’uso dei social network vorrebbe dire violare la nostra identità. Le vetrine oggi sono molto importanti e noi per diffondere la nostra idea ne abbiamo bisogno. Apriremo quindi i nostri social insieme al sito internet. Nell’uno lanceremo i nostri articoli su vasta scala utilizzando una politica social; nell’altro ci atterremo alle politiche dell’Incendiario: comprensione, approfondimento, scrittura attenta. La linea che unirà le due visioni sarà il design e la grafica: crediamo che un’attenzione alla parte visiva possa far immergere nell’argomento molto meglio di una pedante presentazione. Inoltre, il nome della rivista richiama una celebre raccolta poetica di Aldo Palazzeschi, futurista atipico, ironico, anarchico. L’Incendiario quindi rifugge da tutte le pesantezze elitarie della critica assoluta, inamovibile ed istituzionale.
Per concludere è necessario dire che l’Incendiario non è un progetto di pochi. Noi facciamo appello a tutte le persone che hanno voglia di collaborare, con poesie, racconti, saggi di critica, recensioni, reportage sulle lettere… Facciamo appello a tutti quelli che hanno voglia di accogliere i nostri valori, diffonderli e plasmare uno spazio culturale migliore e più attento. Facciamo appello a chi crede che sia ora di correre e non girare su sé stessi; a chi accoglie il passato per rilanciare i valori del presente; a chi, lottando, non esclude ma rilancia.
Sapere aude
Lorenzo Buonarosa per la Redazione Incendiario
Grazie
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