di lorenzo buonarosa
Ci saranno afflitti momenti
di gioia, in cui giovani
ci ricorderemo.
Stretti
più io che te
tra noi;
e sarà un bestemmiare:
le spie sempre accese,
gli allarmi e gli affanni
ed il cessare le corse
stesi lessi sul letto.
Mai mai li rimpiangeremo
i vizi e le virtù
di una Roma capoccia
tra i miti e i sogni
ed il rumore dei giorni.
Perciò converremo nel riepilogo
di esser tornati al prologo
che tra l’inizio
e la soluzione
non sono bastate che un paio di suole.
Vorrei appropriarmi delle vite degli altri;
entrare nel pertugio della serratura,
infilarmi da li
tra il soggiorno nelle camere e nei bagni,
spiare come si muovono, come asservono
i loro doveri le genti di norma.
Tramutarmi nel grigio composto delle fogne
e da lì
seguendo le correnti paludare nel mare
Vorrei
pur di sopperire al triste spettacolo della solitudine
Esisto si
ma solo nell’attimo
io placida fibra
rinasco in ogni segno del tempo
padre è il mio passato
madre, il mio futuro
Ritorno del rimosso
nel rimorso di rivederti
ogni giorno
troppe circostanze a ribadire il continuo
riciclo dei tuoi occhi
tra me e me
ribattono in continuo…
ho accettato come un padre risoluto
i sardonici sentimenti sepolti
ne ho coccolato come una madre
le insofferenti e ispide istanze
ho perduto, afflitto
tra il gioco delle parti
le maschere della rappresentazione