Per una lettura psicanalitica di “M.il figlio del secolo” di Antonio Scurati
La vita e la morte, due pulsioni opposte, ugualmente forti, ugualmente genitrici di azione. Eros e Thanatos, l’una permette di costruire, l’altra di distruggere; in entrambi i casi l’essere che verrà fuori dallo scontro tra le varie parti del sé e si dovrà barcamenare tra le due spinte, non sarà mai più quello di prima. Questa pillola fondamentale e primitiva della psicanalisi freudiana può aiutare nella comprensione di un romanzo complesso come M di Scurati. Il volume è il primo di una trilogia dedicata all’avvento, svolgimento e conclusione del fascismo, succeduto da poche settimane dal secondo volume M. il figlio della provvidenza. Interessante è però la comprensione di come il fascismo abbia guadagnato il consenso, di come si sia costruito a poco a poco uno spazio nella politica italiana fino a penetrarla come un coltello nel burro. Interessante è paragonare le spinte euforiche e distruttrici illustrate in precedenza ai sommovimenti violenti e facinorosi, che hanno portato l’Italia da paese democratico a paese dittatoriato. Per illustrare ciò è utile osservare il Paese non come organismo distinto di milioni di individui pensanti, ma come un solo blocco sociale, una massa, al cui interno si oppongono delle forze opposte che hanno portato questo unico sistema ad un cambio repentino e totale di struttura, frutto di quello scontro descritto nelle prime righe; perciò si intende dimostrare che il fascismo non è un virus che si è introdotto nel sistema Italia e lo ha fatto ammalare, ma è frutto di una crisi identitaria dell’apparato avvalorata dagli eventi secolari in cui è incorso. Ma partiamo dal principio.
Il libro inizia dal 23 marzo del 1919, Mussolini ha appena pronunciato il suo discorso in Piazza San Sepolcro a Milano, sono appena nati i Fasci di Combattimento davanti a poche centinaia di persone. Il Corriere della Sera riporta con una decina di righe l’avvenuta fondazione. Molti sono quelli che conoscono Mussolini il traditore, passato dal socialismo astensionista all’interventismo nazionalista, pochissimi sono quelli che conoscono il neonato movimento. L’Italia in quel periodo è in crisi, tutto il suo impegno nella Grande Guerra è vanificato dalla conferenza di Parigi. All’Italia non vengono concessi territori che bramava da tempo (Fiume, Dalmazia e Porti Albanesi) e che le spettavano dal Trattato di Londra; inoltre lo spettro del comunismo si slanciava su una democrazia stanca e superata. Ed è proprio in questo contesto che il fascismo inizia ad insinuare la sua spada. Dapprima Mussolini si serve degli Arditi, corpo d’assalto del Regio Esercito, trattati come bestie e congedati senza onori, sguinzagliandoli nelle manifestazioni rosse; poi inizia a muovere la voce del fascismo dal suo giornale Il Popolo d’Italia attaccando ripetutamente i socialisti per le violenze e gli scioperi.
In piena crisi quindi si inizia a intravedere una spinta latente (quella del fascismo) che rosicchia le certezze di un apparato consolidato da decenni e che si basava sulla marginalizzazione europea, sul sistema lavoro ormai superato e su politiche agrarie che ancora si incentravano sulla mezzadria e il lavoro a cottimo. La struttura è affaticata, stanca, non ha slancio. Gli attacchi sono sia esterni, gli altri paesi vincitori non vogliono concedere all’Italia il ruolo che le spetta; sia interni, la massa socialista, ormai in preda a identificazioni in ideali che vengono dalla Russia comunista, lotta con tutte le sue forze nei confronti di uno stato che non la rappresenta più. Pensieri, ossessioni e vecchi fantasmi (la guerra doveva essere il compimento del risorgimento ed è stata una “vittoria mutilata”) tornano alla memoria.
Il fascismo inizia ad alzare i toni ma non ha la potenza politica del socialismo. Le manifestazioni continuano, la rivoluzione pare essere vicina, ma qualcosa si blocca, i capi del partito: Turati, Matteotti, Gramsci, Serrati e gli altri, ancora uniti formalmente in un solo blocco (si divideranno formalmente nel XVII congresso Socialista a Livorno) non sono in grado di dare il via ad una vera e propria riforma sociale. Non sono stati in grado di normalizzare la violenza e incanalarla in un cambio di rotta. Le brutalità si susseguono, la spinta euforica e libidinosa della violenza popolare dilaga in tutto il centro nord. Le masse da sempre costrette alla fame esplodono in un vortice di efferatezze: vengono percossi borghesi, proprietari terrieri, espropriati possedimenti, beni, ricchezze. I circoli del Lavoro da strumenti di tutela diventano circoli di violenza, il nemico ora sono i grandi latifondisti del Nord. Mussolini prende la palla al balzo, grazie a due ex comandanti degli Arditi: Italo Balbo e Leandro Arpinati. Costituisce delle squadre di assalto che possano difendere i possidenti della bassa padana, zona particolarmente calda che va dal delta del Po fino a Pavia. Lo Stato osserva inerte, i carabinieri e in genere le forze dell’ordine sono descritti come concordi alla violenza fascista oppure mestamente indifferenti.
Tutte le più basse pulsioni dell’uomo, residenti nell’Inconscio, la violenza animale e la pulsione sessuale (che Freud definisce e ingloba nell’Es), sembrano non più essere circoscritti ad una zona inconscia ma i filtri del Super-Io (codici di comportamento, divieti, ingiunzioni, apprese nel contesto familiare) cadono e l’Es non è più sublimato verso una condotta sociale accettabile. Le pulsioni non sono più incanalate verso lavori e valori sani che permettono all’uomo di progredire, non si evolvono in passioni. Scurati descrive gruppi di squadristi che si svegliano, si vestono, vanno a manganellare per un giorno intero zone ampie di territorio, poi si rinchiudono in qualche bordello verso sera dove viene soddisfatto sia un appetito sessuale (spesato dal partito, per mezzo dei latifondisti difesi) sia viscerale: fottono, mangiano, bevono e si addormentano. Non sono che bestie. Il grande cervello Italia è scosso poichè una frattura si è aperta, gli ultimi residui di civiltà concentrati nelle istituzioni statali non sono più in grado di reggere la pressione. È la nevrosi. E in momenti come questi un sistema in crisi non può che cercare un appiglio, un punto fermo, un bastione dove difendersi e “normalizzarsi” a poco a poco.
Mussolini lo sa e inizia a capire che la svolta fascista è possibile, i giorni che vanno dal 24 al 31 ottobre del ‘22 sono i decisivi. Il re non firma lo stato d’assedio, il fascismo ormai ha consensi anche al Sud. Il 29 ottobre Mussolini è ricevuto dal Re, il giorno dopo 70.000 fascisti sfilano per le strade di Roma. Il nuovo governo si insedia subito. Mussolini è presidente del Consiglio e costituisce un governo di coalizione con soli tre Fascisti che prendono il portafoglio, da sottolineare che questi ultimi sono tutti di area moderata. Basta con lo squadrismo, basta con la violenza. Gli atti successivi del governo sono tutti volti a tenere insieme il partito sconvolto dalle crisi interne, squadrismo e borghesismo si scontrano. Con la legge Acerbo del 18 novembre del ‘23, il partito con il 25% dei voti è in grado di prendersi i due terzi della camera, il fascismo prende il 62% dei voti nelle elezioni del 6 aprile del 24’, la normalizzazione è quasi compiuta. Il delitto Matteotti sembra far vacillare il governo ma lo Stato ormai è troppo debole, non attacca, non lotta, si ritira in Aventino. Il Paese è in stasi. Il fascismo trionfa. E sembra che ci riesca grazie alle mancanze dei socialisti. A differenza di costoro, Mussolini ha capito che la violenza andava mitigata, imbrigliata e sublimata verso ciò che era necessario: la presa del potere.
La domanda che sorge da quest’analisi compiuta sul testo è la seguente: cosa ha spinto un Paese a cambiare rotta? Percorrendo l’analisi psicologica che si è assunta, cioè quella di un Paese identificato in un blocco che pur costituito da milioni di persone, ragiona e si muove come un’identità umana (formata da un inconscio, un preconscio e una coscienza) si può tentare di costruire una risposta. La crisi si è costituita precedentemente alla Grande Guerra. Ed è attribuibile alla marginalizzazione europea figlia di mille anni e passa di divisione politica e territoriale; allo sperpero di soldi pubblici per inutili conquiste coloniali; alla mancanza di politiche agrarie (che nell’Italia della fine dell’800 inizio ‘900 era il primo settore economico) che hanno alimentato e promosso la concentrazione in feudi agricoli; allo sviluppo industriale lento e circoscritto al Nord Italia; e si potrebbe proseguire per pagine. Il fascismo, così come il socialismo violento, non è che una reazione inconscia della massa a secoli di asservimento del popolo italiano ai padroni: ad Altri, entità lontane e non identificabili per il popolo. L’odio e la violenza verso le istituzioni sono solo dei meccanismi di condensazione in cui un’immagine o un’entità sostituiscono il problema reale, che sembra, seguendo l’analisi portata avanti in queste righe, dovuto a secoli e secoli di repressioni.
Per concludere quindi si può dire che M non parla solo di un tempo trascorso e dimenticato, e non vuole essere un’apologia di questo; bensì un romanzo corale in cui più voci (socialisti e fascisti, monarchici e liberali) sapientemente orchestrate dall’autore, spiegano indirettamente un clima e una serie di eventi che a distanza di anni possono, se non riprese e studiate, divenire estranee. È un romanzo-terapia dove sono direttamente i pensieri dei protagonisti ad agire; e tutti loro disposti davanti a noi in uno studio immaginario, chi su un lettino, chi su una sedia, chi in piedi, mettono in gioco sè stessi e gli eventi che hanno vissuto. Scurati li riunisce tutti, non loda e non condanna nessuno, tutti hanno ugual diritto di parola e attraverso esse possiamo capire che il fascismo non è estraneo a noi. L’odio sul quale è stato costruito può insegnare agli uomini che tali spinte fanno parte dell’animo umano. Non solo del singolo ma per estensione anche le masse ne possono essere soggette. Più che rimuoverle dovremmo capirle, analizzarle, smettere di asserire che il problema è solo culturale (si continuerebbero ad utilizzare processi di spostamento). Educarci ed educare alla riflessione, all’ascolto e allo scambio, sia verso sè stessi sia verso l’altro, non vivere di slogan e soprattutto come viene implicitamente sottolineato nel libro, non alimentare l’odio con altro odio.
Lorenzo Buonarosa
La dimostrazione che tutto è ciclico, pertanto allora come oggi le frange più estremiste sono venute fuori a causa di una sinistra dormiente e lontana dal popolo, distratta a crogiolarsi sui propri valori, Oggi come allora un popolo tendenzialmente pacifico e accogliente si è mutato in un popolo parzialmente intollerante sia in modo convinto sia per paura indotta dall’ignoranza. Ma questa volta siamo ancora in tempo per salvarci.
Complimenti all’autore.
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