A sua maestà illustrissima,
sovrana delle lune e degli anelli.
Malgrado la pluralità di lingue che il nostro sistema conosce, non è stato un compito facile tradurre questo nettuniano, sia per la natura diversa del linguaggio sia per il suo stato arcaico. Dunque prego sua maestà di concedermi nella sua indulgenza un certo livello di inesattezza e approssimazione.
Prima di procedere ecco alcuni cenni su quel che sappiamo del nettuniano.
Essendo la lingua di una civiltà estinta, quelle che possediamo sono testimonianze di un impiego diverso da quello dell’uso comune, in quanto fissato in un numero di regole che molto probabilmente veniva eluso in un flusso corrente.
La natura di quel linguaggio è quanto di più fascinoso e alienante possiamo indovinare: erano i Nettuniani esseri in grado di comunicare tramite un linguaggio non di natura fonica, bensì di natura luminosa. La loro lingua si costituiva di una componente dello spettro fotonico solare e una dello spettro fotonico di un’altra stella, scelta in base al significato che anticamente le era stato attribuito in quelli che possiamo supporre come una sorta di arcaici abbecedari siderali.
Tutte queste frequenze luminose loro erano in grado di emetterle e combinarle una volta assorbite dal loro corpo, e in effetti una natura del genere pare ben congeniale a esseri che abitano angoli così bui del diadema di Chal-Ra.
I canti qui raccolti sono quanto ci è stato tramandato da alcuni antichi viaggiatori che li hanno incisi su lastre a passaggi di stato del metano.
Ma come sappiamo i Nettuniani sono una civiltà estinta da tempo. Per spiegare la loro scomparsa mi atterrò alle teorie di Zwgyana-Lub da Titano, illustre studioso famoso tra l’altro per le sue teorie sulla relazione che intercorre nelle specie viventi fra la forma degli organi sessuali e quella delle armi che usano.
Secondo Zwgyana-Lub la scomparsa dei Nettuniani riguarda gli esiti maledetti del loro progresso.
Da razza avanzatissima quale erano, i Nettuniani arrivarono a capire che il piacere di ogni desiderio realizzato esiste puramente nello scorrere del tempo. E bramando (come ogni essere io credo nell’intero universo) sempre un maggior piacere, cercarono in un primo momento, per trovare l’ambita realizzazione dei loro sforzi, di riuscire a fermare lo scorrere del tempo nel momento in cui si provava un qualsiasi piacere.
Ma dal momento che ciò è sempre risultato a loro cosa arcana e insicurissima, preferirono al blocco in toto del moto temporale un rallentamento dello stesso quasi vicino allo zero.
Con questo obiettivo, concepirono e costruirono sofisticatissime procedure per dilatare il tempo, e vi riuscirono.
Accadde però a quei sapienti tanto esperti un fatto tanto inaspettato quanto nefasto: il rallentamento del tempo poteva essere conseguito solo tramite una sua dilatazione abbiamo detto, ma ciò comportava per natura anche un suo conseguente raffreddamento, in virtù credo dello stesso meccanismo che avviene nei solidi quando rallentano le loro pzar, e questo raffreddamento provocò il passaggio del tempo stesso allo stato solido.
E qui la teoria di Zwgyana-Lub si fa ancora più interessante: tutti i desideri di piaceri, situati in un tempo ora divenuto solido, presero forma solida anch’essi. E provenendo i desideri dalla dimensione dell’immaginazione, lo spazio collassò su se stesso portandosi via quella popolazione in quanto, per legge di natura, non poteva far coesistere i desideri con i reali Nettuniani.
C’è anche chi pensa che lo spazio più che collassato abbia in realtà cambiato frequenza costretto come si era trovato bruscamente a far coesistere realtà provenienti da dimensioni diverse.
Molto probabilmente dunque i Nettuniani sono scomparsi per un cortocircuito spaziotemporale, e ora chissà in quale spazio fra gli spazi vagano.
Fatto sta che credo che quanto successo ai Nettuniani debba servire da lezione: il tempo ha subito un passaggio di stato come dicono faccia il ghiaccio in quei piani orbitanti più vicini al Centro dei Sistemi. E come il tempo è divenuto solido così le fantasie sono diventate concrete.
Da ultimo, spero che questa traduzione sia utile tanto ad uno studio di una civiltà scomparsa improvvisamente quanto ad un’analisi della potenza del desiderio e dell’immaginazione.
Fabio Massimo Cesaroni