Chi mi conosce sa che ho un grande limite: il mio livello di conoscenza della lingua Inglese è davvero esilarante, con una pronuncia che potrei definire comica, che rende qualsiasi situazione abbastanza goliardica. Ho una grandissima difficoltà, quindi, nell’ascoltare musica in lingua Inglese; purtroppo non capisco immediatamente le parole, devo cercare su internet ogni volta il testo. Preferisco mentire, e affermare che amo la musica italiana di oggi per l’immediatezza del messaggio e la poeticità delle parole. Questa bugia complica la situazione, in quanto è difficile, tra gli autotune e i tormentoni estivi, trovare il poetico, il vero e l’immediato nella produzione musicale odierna. C’è un gusto del raro in questa ricerca, davvero faticosa; ma poi riesco a trovare quelle canzoni, armoniche nell’accostamento di note e delle sue variazioni, attente al particolare, nell’uso di un determinato lessico ricercato, nello studio di una congruenza ritmica tra parola e suono. A volte scrivo dei testi, articoli, inediti e recensioni con una canzone a ripetizione, mi faccio ispirare da questa. Non ti nascondo, lettore, di star ascoltando una canzone in questo momento: La cura del tempo, il nuovo singolo dei Negramaro. Ti starai chiedendo: cosa c’entra una canzone con un editoriale di una rivista letteraria?
Non ti risponderò in modo scontato, dicendoti che la musica e le canzoni migliori occupano un valido spazio nella poesia ipercontemporanea. Voglio fornirti, piuttosto, un’interpretazione a ciò che sto ascoltando: perché il nostro incendio è la cura del tempo, la cura contro di questo. Perché tutto ciò che è arte è indomito, invincibile, riesce a superare quei fatidici secondi, ghigliottina di vita e vite, riesce a vincere lo scorrere, che lentamente toglie via, nella nostra mente e nel reale. L’arte è l’incantesimo, il continuo alla fine del mondo, un infinito sempre presente. Quanti artisti sono diventanti immortali attraverso le loro opere, quanti sono diventati ideali e divinità; ma lettore, non mi voglio riferire principalmente a loro, mondiali, di estro e fama. Mi riferisco a ciò che è privato, ciò che è tuo e quindi importante, degno di essere memorabile. Attraverso l’arte puoi farlo. L’incendio, l’arte, è la cura contro quel male, contro il tempo: riesce a fermare, congelare un momento, uno stato, qualcosa di caro, e renderlo vivo, sempre, ancora e ancora.
Due versi, scritti velocemente su uno scontrino, appena usciti dal supermercato, non voglio dimenticarmi la buona giornata del cassiere, detta salutandomi; sembrava vera, rincuorante. Una fotografia scattata velocemente, per cogliere quel sorriso spontaneo, che accentua le rughe ai lati degli occhi. Un taglio in una tela bianca, in momento di rabbia, o per simulare la crepa che avanza nella parete bianca, tinteggiata in un periodo di cambiamenti. Un ritornello, una ninnananna, che mi veniva cantata da bambino. Un video, in cui scherzo con un amico, o inquadro un paesaggio unico, che vedrò solamente una volta, oppure simulo un ciack cinematografico e divento serio. Un pensiero, una frase, un simbolo poetico che fisso nella mia mente, per qualcuno a cui voglio bene.
Questo è l’incendio, qualsiasi forma d’arte immaginabile, e il potere che ha solo questa: la cura del tempo. Il tuo nucleo, lettore, il tuo io si manifesta in questo esterno, in questa espressione: ciò che è latente e passeggero diventa esistente; ciò che è interno, ciò che è tuo, che sia semplice o complicato da esprimere, ciò che è per te importante, diventa così eterno. Inizia a farlo, lettore, inizia ad usare questo potere dell’arte, questa cura. Anzi, devi volerlo fare, per vincere contro il tempo, contro l’oblio o qualsiasi dimenticanza: perché solo attraverso l’arte, in qualsiasi sua forma d’espressione, riesci a salvare cose e persone.
E in questo desiderio di curare, di curarci, inoltro i due articoli di questa settimana: un inedito un’intervista, e forse loro ci sono riusciti a curarsi.
Diamo il bentornato a Marco Ferrucci che ci presenta il suo nuovo racconto inedito, Lo stato delle cose. I suoi personaggi femminili si scoprono in queste conversazioni private con l’autore. Si confessano in questi mondi sempre attuali, come se ciò che è scritto stesse avvenendo adesso, in questo iniziato 2021, che necessita di una cura. La donna di Ferrucci ragiona sul proprio stato delle cose, sulla sua vita in quiete, forse statica, che nei processi a volte logoranti di abitudini famigliari, si consuma. Ragiona su di sé, su cosa è, cosa è diventata e cosa invece aveva scelto di essere, alienandosi in una caserma abbandonata, situata di fronte casa. Ferrucci si libera di questo stato delle cose, dimostrando che ci vuole intelligenza e maestria per curarsi da ciò che sta andando in cenere.
Uscirà poi una mia intervista con Pino Imperatore, davvero un’occasione di crescita. Scrittore, giornalista, umorista, vincitore di numerosi premi (ricordo tra i suoi ultimi romanzi: Aglio, olio e assassino (De Agostini Planeta, 2018) e Con tanto affetto ti ammazzerò (De Agostini Planeta, 2019)). Abbiamo ripercorso i motivi centrali della sua carriera, della sua produzione, della sua Napoli, con miti e oscurità, del suo futuro svelandoci una prossima uscita. Un confronto, un dialogo, ripromettendomi che questo scambio abbia portato un conoscersi reciproco: che lui possa stupirsi della mia curiosità, che io possa imparare dalla sua esperienza, dall’umanità e umiltà con cui si approccia ogni giorno al proprio lavoro, al proprio piacere e dovere. Pino Imperatore è, quindi, un genuino modello, che insegna a noi giovani quanto la cura dell’arte contro il tempo sia portatrice di verità.
Lo ripeto, infine, mio caro lettore, non mi interessa di averlo già scritto: l’arte, la tua, ti rende vivo, e fa vivere ciò che ami di più, sempre, ancora e ancora.
Io scrivo, caro lettore: Io incendio, e ho la cura contro il tempo.
https://lincendiario.com/tag/io-incendio/ di Antonello Costa, per La redazione di L’Incendiario