La donna e Dante: antidoto per riscoprire e salvare noi stessi

ella è quanto de ben pò far natura;
per essemplo di lei bieltà si prova.

Donne ch’avete intelletto d’amore, vv. 49-50

Marzo: mese di ricorrenze.

Oggi 8 marzo si celebra la giornata internazionale della donna. Le strade si tingono di mazzolini di mimosa, il cui odore intenso pervade ogni angolo. Sarà per il giallo latore di allegria, per uno sbocciare che richiede i primi tepori primaverili, per la forma ovattata e rassicurante, questo fiore mi ha sempre infuso rilassatezza. È un colorato modo per congedare la stagione dell’immobilità, per dare i primi assaggi di risveglio, di rinascita della vita, di tripudio di colori che come flash ci accenderanno uno ad uno: insomma, la mimosa è l’anticamera della primavera.

Quest’anno tuttavia il mese di marzo dovrà anche fare gli onori ad un ospite particolare, patrimonio mondiale e padre della lingua italiana: Dante Alighieri. Emblema dell’italianità nel mondo – o meglio della toscanità, alla stregua del suo popolare concittadino Pinocchio – il Sommo Poeta sarà celebrato il 25 marzo – il Dantedì – data di inizio di un calendario ricco di iniziative in tutta Italia per omaggiare il settecentesimo anno dalla sua morte.

Dante ha cantato i vizi in cui ancora siamo immersi, ha subito le stesse ingiustizie che ancora oggi sopportiamo, ha sbeffeggiato la tracotanza del potere – come non pensare ai deliri di onnipotenza degli attuali ed ex potenti del mondo? – ha creduto in un cambiamento politico ed è stato tradito dai suoi. Insomma, la vicenda dell’uomo Dante è assolutamente attuale e forse il segreto di un successo che travalica i confini spazio-temporali è proprio il suo canto potente, sbeffeggiatore, ironico e sublime, basso e alto, dell’umanità. Dante è universale, non morirà mai il suo messaggio perché ha saputo scandagliare l’animo umano, regalandoci un duplice, incredibile, viaggio, nei lontani luoghi extraterrestri come nei vicini meandri della nostra buona e cattiva coscienza.

Dante, tuttavia, non condivide da solo questo successo mondiale e atemporale: alla base della sua poesia, fonte e musa indiscussa, troviamo proprio una donna, Beatrice. Lungi dal ruolo di mera destinataria delle liriche, la donna par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare (Tanto gentile e tanto onesta pare, vv. 7-8); diventa angelo e anello di congiunzione con Dio. La donna non deve corrispondere all’uomo, è su un piano superiore, su un gradino inarrivabile: può solo essere contemplata. L’inizio di questo rapporto platonico è la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore (capitolo XIX della Vita Nova) in cui il poeta decide di rivolgersi esclusivamente ad un pubblico femminile, l’unico in grado di capire i versi dedicati alla sua donna, lodata in modo assoluto, nel senso etimologico di avulso, sciolto da possibili forme di riconoscenza e di dovere: viene meno il nesso causale do ut des e rimane un disinteressato do. L’amore e la donna diventano argomenti la cui importanza richiede un uditorio selezionato, preparato e che possa comprendere la portata di tale messaggio. Insomma, non è cosa da parlarne altrui (v. 14) ma un segreto per chi ha l’animo disposto a riconoscere questo piano sublime e irraggiungibile

In perfetto stile stilnovista, la donna è l’unico essere vivente capace di rendere nobile chi la ammira, di addolcire gli animi, di essere latrice di virtù e di salvezza. Diventa l’ambasciatrice della bontà nel mondo, colei che disperde bellezza e tinge di poetico la prosaica realtà quotidiana. Per le sue doti eccezionali, la donna viene reclamata in un Empireo che diventa difettoso senza di lei – Lo cielo, che non have altro difetto / che d’aver lei (vv. 19-20). La donna è il quid in più che suggella uno stato di completezza e perfezione. I beati la definiscono maraviglia (v. 17), miracolo incarnato, e richiedono a gran voce la sua presenza tra di loro. Il mondo, tuttavia, è il posto che spetta alla donna – l’unica che sublima, ingentilisce, salva dalla dannazione (che non pò mal finir chi l’ha parlato v. 42): l’unica che può trasformarlo in un posto migliore.

Insomma, forse l’antidoto alla volgarità, alla violenza verbale e fisica – tra le cui vittime figurano ancora le donne, oggetti usa e getta, costrette in un rapporto patriarcale in cui al disinteressato do stilnovista subentra un violento e sbilanciato ut des – è ricorrere ai versi danteschi, al suo messaggio atemporale, allo studio e alla formazione. Ancora una volta l’unico modo per non essere bruti è seguir virtute e canoscenza. Aprire ancora di più la società alle donne, raggiungere una parità di trattamento, di possibilità lavorative e dirigenziali, di gestione della famiglia, della casa e dei figli. E forse andare oltre una mera classificazione per genere, andare alla sostanza di una persona: superare la forma, dritti al contenuto. Vedere uomini e donne non in quanto tali ma unicamente come persone, che esigono rispetto e libertà di scelta. Questa è la conditio sine qua non da cui ripartire: da qui ci daremo la spinta per riemergere, per poi arricchirci con le singolarità e particolarità di ognuno di noi. Da riscoprire dunque il portato di ricchezza che possono dare sia le donne che gli uomini, ma a partire da una base all’insegna dell’uguaglianza.

Per omaggiare le donne questa settimana L’Incendiario presenterà due testi. Ciascuno a suo modo ci trasmetterà il portato di ricchezza che le donne sanno arrecare.

Torna la nostra Gloria Fiorentini e ci presenterà la sua (e non solo) beniamina: Jane Austen. Dietro opere che hanno fatto la storia della letteratura inglese e mondiale, si cela la grandezza della vicenda umana di un’autrice che ha saputo sfidare – in modo unico ed inimitabile – le ipocrisie della società delle etichette, delle forme, del patriarcato ad ogni costo. Storia di una donna intelligente, brillante, autoironica e coraggiosa, che non si è accontentata di stare un passo indietro al suo uomo ma che è riuscita – stella solitaria – a splendere da sola.

Il nostro redattore Leonardo Borvi ci presenterà il secondo capitolo di Le mani delle donne, racconto in cui al centro è la vicenda di donne – a partire dal ricordo di sua nonna – in grado, ognuna a modo suo, di segnare la vita del protagonista. Le donne sono soggetto e oggetto della narrazione, sono esseri il cui mistero può essere svelato dalle loro mani, una delle parti simbolo della femminilità, la cui vera ed essenziale accessibilità è riservata a pochi. Ed ora nel secondo atto – Mara –  il nostro ci mostrerà le conseguenze di uno schiaffo – dal suo omologo sveviano è scaturita l’intera letteratura novecentesca – che una piccola donna da al protagonista, in tenera età. Una lettura da non perdere, per comprendere il ruolo unico e straordinario che ogni donna riveste nella vita di ognuno di noi.

Solo la letteratura, la bellezza, la parità di genere – e il magistero assoluto di Dante – ci salveranno. La chiave per una società migliore è tutta qui.

Eleonora Bufoli per L’Incendiario

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