Foglie d’autunno di Marco Ferrucci
Il vento faceva volteggiare in piccoli e improvvisi turbini le foglie, innalzandole e poi sbattendole senza senso dove capitava.
Siepi di foglie facevano da tappeto sui prati. File di platani ossuti si allungavano a perdita d’occhio.
Nel cortile una palma dal capo tagliato, enorme e silenziosa, si stagliava verso il cielo con la sua forza ferita e vandalizzata. Nonostante facesse freddo il sole splendeva, dalla finestra si vedeva un rettangolo azzurro sopra i tetti. Come un mare lontano da immaginare.
Le ultime giornate Fabrizio le aveva passate a fumare le sigarette che restavano.
Le ore da far scorrere al bar perdendosi nel culo della cameriera che le era sempre piaciuta, nel vino che ancora poteva bere, nel cristallo blu dei videopoker. E tranquillanti e antidolorifici e paracetamolo per stare in piedi, camminare, dormire. Finchè restava, finchè durava. Poi bum: Finito!
Come una spina staccata a forza da un muro, come lo strappo di una ventata, come una porta sbattuta..
E poi, il resto delle chiacchiere, le telefonate, gli abbracci, i baci e quel pianto che malgrado tutto non veniva, non arrivava.
“Ventidue anni insieme” ripeteva a se stessa la notte, in un silenzio sordo come il freddo che sentiva addosso e senza ascoltatori, “ventidue anni…”.
Di giorno non vedeva l’ora che il sole calasse e tutto si spegnesse
Le ore, i minuti, se ne andavano senza lasciare traccia. Provava a rincorrerli ma senza risultato, finché si accorse che non valeva troppo la pena e che conveniva solo seguirne il corso.
La notte ascoltava il cigolio delle serrande, l’acqua picchiettare sui tetti e le grondaie, i bidoni dei rifiuti ondeggiare e rovesciarsi. E la notte non passava mai.
Si rifugiava spesso al cinema. Utimamente le piaceva sopratutto i giorni di festa, quando sulla nebbia del primo spettacolo serale sbuffavano centinaia di macchine parcheggiate in fila e dalle luci rosse e gialle dei tergicristalli venivano risate, urla, scosse, schianti, schiamazzi..
Le piaceva tutto del cinema, la sala vuota, l’odore delle poltrone, il buio improvviso, i popcorn delle famiglie, la pubblicità, l’attesa del film. Sopratutto quello che c’era prima del film.
Pensava a quanto sarebbe stato bello se il mondo fosse stato tutto in quella sala. Le capitava spesso di vedere un film dopo l’altro e rimanere sola, fino a che le luci si accendevano.
“Ventidue anni”, ripeteva tra se, continuando a parlare,”ventidue anni…
di Marco Ferrucci