Il racconto della pigna

C’era una volta una casa su una collina. Non una casa come le altre, ma molto più grande, piena di persone, di colori e di animali. Quest’ultimi non erano come quelli che conosciamo: non c’erano cani, gatti, lucertole, tartarughe o pesci rossi che di solito ingombrano e arredano gli appartamenti di città. All’interno di questa grande casa sulla collina c’erano degli animali particolari, che potremmo definire fantastici: draghi, caproni con le ali, gechi con le zampe di una scimmia, toporagni (testa di topo e 8 zampe da ragno), falchi alti più di due metri…Insomma tutto quello che la nostra fantasia può essere in grado di escogitare era presenta in quella casa. 

Le persone che vivevano all’interno della casa sulla collina, come i loro animali, non erano come le persone della città. O meglio, il loro aspetto era uguale: le braccia, le gambe, la testa, le abitudini erano uguali, ma i comportamenti a volte non lo erano. Le persone che vivevano nella grande casa erano soliti svegliarsi molto presto la mattina, di solito prima dell’alba, per dare da mangiare ai loro animali, e poi prepararsi per andare al lavoro che svolgevano in città. Il percorso era molto lungo e tortuoso e molto spesso sellavano i draghi che erano in grado di portarli in pochi minuti sul luogo di lavoro rispetto alle persone dei paesi intorno che prendevano la macchina e rimanevano ripetutamente imbottigliati sull’unica strada che portava verso il centro.  

I draghi e i loro padroni, direte voi, erano facilmente visibili alle persone della città. E invece no, per due motivi molto semplici: il drago di solito volava molto alto e solo per alcuni secondi scendeva giù in picchiata cosicché nessuno potesse vederlo; il secondo motivo invece riguarda una triste abitudine della città ed è quella di non guardare mai il cielo durante il giorno per la fretta di vivere e terminare le proprie occupazioni. 

Non tutti andavano al lavoro però: c’era chi rimaneva in casa come i giovani che svolgevano le più disparate attività, c’era chi studiava, chi non faceva nulla e chi si occupava del giardino in cui fiorivano le specie di piante e fiori più particolari del mondo. Una pianta, per esempio, era in grado se utilizzata attentamente di permettere alle persone della casa di essere invisibili e poter uscire in sella a qualche loro strano animale e vagare libero per la campagna. 

Non si sa nulla di certo su come queste piante e animali siano arrivati fino alla casa in collina, ma circola un breve racconto tra gli abitanti dei paesi limitrofi sulle stranezze della casa e su come tutte queste stranezze siano giunte fino a lì. 

Il racconto coinvolge la grande madre anziana che viveva nella parte più alta della casa: un patio grandissimo che dava su un lato molto bello della collina illuminato dal mattino fino al tramonto da una luce calda e sfumata. Da lì si poteva vedere il pendio risalire in lontananza fino ad inerpicarsi su su in un’alta montagna a forma di vulcano, dove si narra che dentro, nella bocca del presunto vulcano, ci sia un lago protagonista della storia dell’anziana madre.  

Costei quando era piccola viveva in città, in un quartiere antico sede da secoli e secoli del più grande convegno magico del mondo, svoltosi ogni anno nell’arena monumentale adiacente al quartiere stesso. Durante il convegno le cose più misteriose e fantastiche accadevano. Si radunavano da ogni parte del mondo gli stregoni e le fattucchiere più strambe che portavano con sé tutte le piante e gli animali magici dei loro paesi per presentarli e scambiarli. Inoltre, ogni anno sul grande libro magico venivano annotate le magie consentite e non, e le regolamentazioni per l’approccio con le persone non magiche che vivevano all’oscurità di tutto ciò.  

La bambina che avevamo lasciato per le strade del quartiere non possedeva la magia e quindi non poteva essere invitata al congresso magico, ma la sua furbizia non aveva uguali. Un giorno aveva sentito che all’interno del parco del famigerato quartiere un bambino era riuscito a cogliere sul ramo più alto del pino una pigna secolare che miracolosamente non cadeva mai e i giardinieri per rispetto tenevano lì. Questo bambino si diceva che fosse in grado di volare e proprio con questo stratagemma era stato in grado di arrivare fino al frutto. La bambina si fidò del racconto che le fecero e un giorno vedendo il bambino in disparte lo avvicinò. Gli chiese se fosse in grado di volare ma quello si allontanò velocemente. La bambina lo seguì ma cadde inavvertitamente in un buco tra le sterpaglie. Il bambino sentì l’urlo e accorse, dapprima cercò di tirarla su con dei rami trovati lì intorno ma dopo poco, capito che non aveva scelta, spicco un leggero balzo in aria e iniziò a fluttuare, dopodiché si calò all’interno del buco e portò su la bambina. 

Da quel giorno i due divennero inseparabili. Il bambino fece vedere alla bambina quello che sapeva fare e lei guardava estasiata. Nel profondo, però, era profondamente triste e angosciata perché per quanto potesse vedere e apprendere non aveva dentro di sé la magia e non riusciva a fare quello che faceva il bambino. Un giorno disperata gli si confessò e al bambino venne un’idea: di lì a poco ci sarebbe stato l’annuale congresso magico e sarebbe stato esposto il grande libro magico nell’arena monumentale e poi riposto momentaneamente nella chiesa del quartiere per la notte. In questo libro, come già detto, si trovavano tutti i segreti del mestiere magico e si diceva che probabilmente all’interno si trovava il segreto per rendere una persona non magica in grado di poter controllare gli elementi.  

I due amici elaborarono un piano: quando il libro si sarebbe trovato all’interno della chiesa i due sarebbero entrati e grazie ai poteri del piccolo avrebbero addormentato i custodi, sempre che non stessero già dormendo, e avrebbero preso il libro. Così fecero. 

La notte stessa si intrufolarono nella chiesa, presero il libro e uscirono furtivi. Sotto la nave di marmo davanti la chiesa lo aprirono. La luna illuminò delle pagine vuote. Completamente bianche. Nemmeno una goccia di inchiostro era caduta su quelle pagine. 

Disperati non seppero che fare. Si alzarono e poggiatisi alla statua con il libro in mano avvertirono un leggero spostamento. Spostamento che divenne sempre maggiore quando cominciarono a spingere la nave di marmo che si scansò del tutto e rivelò un grande varco sotto di essa. Vi entrarono. 

Era un corridoio lunghissimo e stretto dove a malapena vi entrava una persona, si misero in fila. La bambina aveva il libro in mano ed era consapevole che stavano per compiere un’avventura che li avrebbe portati alla conclusione di quel mistero: perché il grande libro magico che custodiva il sapere di tutto il mondo era completamente vuoto? 

Camminavano già da ore quando ad un certo punto stremati videro in lontananza una luce provenire dal soffitto del corridoio. Si avvicinarono e videro una luce ondulata e azzurrina che si agitava in modo fluttuante come se fosse un liquido. Il bambino e la bambina impauriti ma curiosi si abbracciarono e il bambino cominciò a volare sempre più su verso la luce, in alto in alto, fino a quando non entrarono dentro quella luce e si ritrovarono immersi nell’acqua. 

Nuotarono ancora più su, sempre con il libro stretto tra le braccia e finalmente vennero a galla. Erano al centro di un grande lago perfettamente rotondo, sopra quella montagna che inconsapevolmente la bambina un giorno avrebbe visto dalla sua casa. 

Toccata la riva si resero conto che il libro aveva di nuovo le sue parole impresse sulle pagine, erano le prime luci dell’alba e lì intorno non c’era nessuno. Si misero a studiare, avevano tutto il tempo. 

Presumibilmente l’acqua del lago serviva al libro per poter rivelare i suoi segreti e solo una magia poteva permettere ai grandi capi stregoni di poterne leggere le parole. 

La bambina, poi diventata una donna imparò la magia e poté partecipare al congresso magico, consentendo ai suoi figli e poi nipoti di poter apprendere la magia. 

Del grande libro magico non si seppe più nulla: c’è chi dice che fu riportato al congresso, chi dice invece che fu abbandonato in una delle numerose grotte che si trovano su quella montagna oppure che i due lo distrussero e si allontanarono per sempre dalla città.  

La storia che si racconta intorno alla grande casa in collina si conclude così. 

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