I rotoli del Mar Morto: una nuova scoperta

Israele, ritrovati frammenti pergamenacei di 2000 anni fa contenenti testi biblici. I frammenti contengono parti dei libri dei dodici profeti minori, sono scritti in greco e il nome di Dio è in ebraico.

Credits: Shai Halevi, Israel Antiquites Authority

La scoperta

Una straordinaria scoperta per il mondo dell’archeologia è quella annunciata il 16 marzo 2021 da un gruppo di archeologi dell’Israel Antiquites Authority (Autorità Israeliana per le Antichità). In Israele, presso la cosiddetta “Grotta degli orrori”, sono stati ritrovati dei frammenti pergamenacei contenenti testi biblici risalenti a 1900 anni fa, periodo della rivolta di Bar Kokhba (terza guerra giudaica, 132-135 d.C.), durante la quale dei ribelli giudaici si nascosero con le loro famiglie nelle grotte per fuggire dai Romani. La grotta, situata nel deserto della Giudea, 40 km a sud di Gerusalemme, deve tale nome al ritrovamento di quaranta scheletri umani – ribelli giudaici morti di inedia durante l’assedio romano – rinvenuti durante gli scavi israeliani condotti negli anni ’60 del ‘900. La cavità, formata da una rete di cunicoli sotterranei, presenta una profondità di 80 metri.

L’ultima scoperta di tale portata risale a sessant’anni fa, quando, nel 1961, durante un’operazione di scavo nella “Grotta degli orrori”, l’archeologo israeliano Yohanan Aharoni riportò alla luce i frammenti di un rotolo di pergamena contenente i testi dei dodici profeti minori scritti in greco.

La storia

I frammenti ritrovati vanno ad ampliare la collezione dei rotoli del Mar Morto, così chiamati perché rinvenuti nei pressi di Qumran, sulla sponda nord-occidentale del Mar Morto. I primi rotoli furono trovati accidentalmente da alcuni pastori beduini, che nel 1947 si imbatterono in una grotta in cui erano conservati diversi testi biblici. Inizialmente non si sapeva cosa contenessero i frammenti, né a quale periodo risalissero; solo in seguito si attestò la loro autenticità, e si capì che essi contenevano una copia del libro del profeta Isaia, un commento al libro del profeta Abacuc e la Regola della Comunità, un testo di natura teologica che offre informazioni sulla vita della comunità di Qumran. La scoperta divenne di dominio pubblico nel 1948, grazie a un comunicato della Yale University. Da quel momento si susseguirono numerose spedizioni di scavo, che portarono alla scoperta di nuove grotte, in cui erano custoditi tesori inestimabili per l’archeologia. Tra il 1948 e il 1956 furono scoperte undici grotte, dalle quali vennero riportati alla luce 927 rotoli; di questi, 244 contenevano testi biblici. Nel 2017 le autorità israeliane hanno promosso un nuovo programma di scavo, durante il quale è stata individuata una dodicesima grotta. Le recenti scoperte mostrano come quest’area custodisca ancora preziosi reperti.

I frammenti

I nuovi rotoli rinvenuti contengono parte dei libri dei profeti minori, tra cui Zaccaria e Naum. A differenza della maggior parte dei rotoli del Mar Morto, scritti per lo più in ebraico, la scrittura utilizzata nei nuovi frammenti è il greco: siamo di fronte, dunque, ad una traduzione delle Scritture. Il solo termine ebraico è il nome di Dio, ed è riportato in paleo-ebraico, una scrittura utilizzata fino al 586 a.C. L’impiego di una scrittura così antica, diversa dall’ebraico presente negli altri manoscritti del Mar Morto, potrebbe avere la funzione di catalizzare l’attenzione del lettore sul nome di Dio, evidenziandone l’importanza e la sacralità.

Il frammento più ampio contiene undici righi di Zaccaria 8, 16-17; su altri frammenti più piccoli sono state identificate dagli studiosi parti di Naum 1, 5-6. Il testo di Zaccaria presente nei manoscritti già in nostro possesso è il seguente: «Ecco ciò che voi dovete fare: parlate con sincerità ciascuno con il suo prossimo; veraci e sereni siano i giudizi che terrete alle porte delle vostre città. Nessuno trami nel cuore il male contro il proprio fratello; non amate il giuramento falso, poiché io detesto tutto questo – oracolo del Signore» (traduzione Cei 2005).

Gli studi preliminari hanno offerto informazioni interessanti sul modo in cui gli antichi testi biblici venivano tradotti e adattati nella lingua di arrivo. Nel frammento contenente il testo di Zaccaria, infatti, sono presenti delle varianti testuali che differiscono dal testo degli altri manoscritti greci in nostro possesso. Ad esempio, come osservato dal dott. O. Ableman, ricercatore presso l’IAA, nell’intervista rilasciata al Jerusalem Post,la parola “porte” (πύλαι, pylai), che si trova in Zaccaria 8, 16, è sostituita dalla parola “strade”.  Un’altra differenza riguarda la prima parola di Zaccaria 8, 17: la parola ebraica אִישׁ (ish), che vuol dire “uomo”, viene tradotta nei manoscritti greci con il distributivo ἕκαστος (hèkastos), che vuol dire “ciascuno”. Nel frammento in questione, invece, in luogo di ἕκαστος troviamo ἀνήρ(aner), parola greca che significa appunto “uomo”. Emerge dunque la volontà da parte degli scribi di riprodurre una traduzione più letterale e quanto più possibile vicina al testo ebraico. Inoltre, queste varianti sono un chiaro esempio di “fluidità testuale”: i testi biblici erano tutt’altro che statici, e questi frammenti ci aiutano a comprendere in che modo il testo è venuto poi a cristallizzarsi nella forma che oggi conosciamo.

Altri ritrovamenti

Oltre ai frammenti, gli archeologi hanno ritrovato nella grotta altri oggetti, tra cui delle monete risalenti al periodo della rivolta di Bar Kokhba e delle lettere di quest’ultimo; ancora, sono stati rinvenuti un pettine, la suola di un sandalo, un cesto di 10500 anni fa – probabilmente uno dei primi esemplari di questo tipo – e lo scheletro di un bambino o una bambina parzialmente mummificato e avvolto in una coperta in posizione fetale. Le condizioni della grotta hanno contribuito alla naturale conservazione del corpo, di cui sono rimasti in parte intatti i capelli, le ossa e addirittura i tendini.

Alessia Mirra

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