Poesie

di Marco Ferrucci

Il cielo è alto

l’azzurro lontano quasi

da un altro pianeta,

spariti i rumori,

le cicale tessono

nel silenzio di invisibili nidi

il lungo canto di Giugno.

I tigli fioriscono

e il loro odore

si perde nei viali

insieme a quello del sale che

viene dal mare.

Il vento esce

come un pigro bagliore

lunare

dalle finestre aperte.

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Cerco

nella linea continua

di un mare blu

dal colore estraneo

l’estremo raggio

del sole di marzo;

svaniscono lontano

le isole che tra

le luci bugiarde del giorno

affondano in questo spazio

sterminato e uguale di buio

che accende la luce di un faro

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Sull’ orizzonte immobile

di una sera di mezza estate

seduto sul davanzale

della mia anima

nomi pronunciati

e poi perduti

risalgono come la luce

dei fari dal mare.

Lontani

tramano rotte

sconosciute gabbiani

sul mare

Dei giorni e di noi resta la vuota maschera

della notte e una voce effimera

perduta tra i labirinti

del nostro domani.

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Fugge sulle montagne

il mostro della notte

salta da un campo all’altro

sparisce dentro i boschi,

la luna lo accompagna

di sopra le alte vette

i corvi in volo a stormo

si sposano alle rocce

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La luna piomba

su ciò che resta del giorno

troppo presto,

bambini smettono di correre

e scivolano dolcemente

dentro ai propri sogni,

sbadigliano le onde

cullandosi alla riva

la notte chiude le ciglia

rosee sullo spazio aperto

resta una penna di gabbiano,un sasso,

una conchiglia vuota di mare

e ossa

dove riposa  forse

l’anima

del vento.

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Marco Ferrucci

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