Cop 26: Fallimento o punto di partenza?

Forse la fine della Cop26 di Glasgow è tutta lì, nelle lacrime di Alok Sharma presidente della Cop 26 che a conclusione dell’evento ha chiesto scusa a tutti per il fallimento dell’accordo sul carbone con Cina e India.


Sharma, di origini Indiane ma di educazione inglese, è nato ad Agra in India. Vero e proprio “falco” della City, diventato prima parlamentare conservatore e poi ministro degli Affari economici dell’energia e della strategia industriale per il governo Johnson, poi dimessosi per diventare presidente della Cop 26. Le lacrime da uno come lui non te le aspetti ma forse sono e saranno necessarie se pensiamo a quello che è stato fatto e quello che si sarebbe potuto fare.


Prima di riassumere brevemente gli esiti dobbiamo spiegare che cos’è la Cop 26. La Cop 26 sta per 26esima Conferenza delle parti (Conference of the parties), una serie di riunioni tra le varie potenze internazionali per ridurre l’impatto climatico della popolazione umana sul clima. La terza è quella famosa conferenza che diede origine al protocollo di Kyoto tenutasi nell’omonima città dal 1 al 10 dicembre del 1997. L’ultima Cop si è tenuta a Madrid nel 2019, ma perchè la Cop 26 di Glasgow ha avuto una così importante rilevanza mediatica? Perchè è la prima dopo il Covid 19. Pandemia che ha sconvolto non solo le economie globali ma ha anche dato consapevolezza sullo stravolgimento climatico che l’essere umano sta apportando al clima. Inoltre, è da sottolineare come questi accordi, come quello di Kyoto durante la Cop3, quello di Parigi durante la Cop21 e gli ultimi della 26, non sono accordi vincolanti dal punto di vista giuridico-politico ma semplicemente degli accordi con cui un paese si impegna a rivedere le proprie politiche climatiche in sintonia (o quasi) con gli altri paesi. Insomma, una stretta di mano e si torna tutti a casa.


Durante la Cop26 si è discusso di varie cose: deforestazione, riduzione dell’emissione di metano, graduale eliminazione del carbone, supporto ai paesi più poveri per un graduale passaggio all’energia rinnovabile, agricoltura e, inoltre, si è discusso di date, piani industriali per la riconversione energetica e il mantenimento del surriscaldamento climatico sotto 1,5°C.


I risultati ci sono stati, sia positivi che negativi: mantenere il surriscaldamento sotto 1,5 °C rispetto ai 2 °C dell’Accordo di Parigi è un risultato buono, ma non eccellente. Molti paesi hanno espresso un morigerato assenso più che una promessa fondata su basi tangibili. Inoltre, i paesi piu poveri sono stati coinvolti nei discorsi della Cop ma in realtà il fondo da 100 miliardi pensato per aiutarli è una promessa che non ha una data certa: rimane una chimera. Il documento finale non prevede poi un fondo apposito per ristorare le perdite e i danni del cambiamento climatico nei paesi vulnerabili. Uno strumento chiesto a gran voce a Glasgow dagli stati più poveri. Il testo prevede solo che si avvii un dialogo per istituirlo.


Infine Cina e India, i due paesi più popolosi al mondo che inquinano più di tutti, anche per il massiccio uso di carbone, si sono impegnati a diventare carbon neutral rispettivamente entro il 2060 e 2070, 10 e 20 anni in ritardo rispetto al resto del mondo. Inoltre, i due paesi hanno parlato di riduzione del carbone nonostante il resto del mondo ha parlato di eliminazione entro il 2030, e alcuni paesi come l’Italia si sono impegnati a non finanziare la costruzione di centrali all’estero.


Intanto mentre i potenti sfilavano nella prima settimana di conferenze e i funzionari preparavano accordi durante la seconda settimana, fuori dal SEC Centre di Glasgow una folla di giovani guidati da Greta Thunberg hanno gridato al fallimento mantenendosi in posizione ostinata e contraria verso gli accordi presi. In parte avevano ragione in virtù di quello che è stato fatto ma le posizioni di chi vuole tutto e subito fanno pensare ad una mancata ponderatezza di pensiero e una mania che nulla può consegnare se non confusione e mancanza di giudizio.


I giovani sono gli unici nell’opinione pubblica che hanno mantenuto alta l’attenzione sui cambiamenti climatici e la preCop di Milano è stata la testimonianza di un ascolto diretto delle istituzioni sulle esigenze di chi subirà, nell’immediato futuro, le conseguenze dell’alterazione del clima. Tuttavia, l’intransigenza dimostrata rimanda ad una battaglia d’ispanica memoria: quella di Don Chisciotte della Mancia contro i mulini a vento. Dove i mulini a vento sono le istituzioni che per loro natura fanno politica, quindi si mettono d’accordo su una riconversione che non è solo energetica ma economica e industriale. Don Chisciotte invece simboleggia Greta Thunberg e in generale tutti i giovani, adulti e anziani che vorrebbero un cambiamento immediato e senza indugi. Ma bloccare un mulino a vento che da anni va avanti in un certo modo è difficile con una semplice lancia e una rumorosa carica a cavallo. Si dovrebbe più che altro ascoltare, contribuire, mitigare e portare la propria visione, che è poi quella delle generazioni future. In questo modo si potrebbe fare la rivoluzione da dentro, contribuire a far girare il mulino in senso opposto, quello che ci porterà alla sperata neutralità climatica.

Questa settimana pubblicheremo un inedito di Sabatina Napolitano una new entry dell’Incendiario che ci ha regalato un racconto breve ma allo stesso tempo potente dal titolo Autocritica di un altro. A voi scoprire la trama.

Lorenzo Buonarosa per la Redazione dell’Incendiario

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