Oggi, 3 gennaio 2022, esce un altro editoriale dell’Incendiario. Il primo di quest’anno. Cosa dire per iniziare un nuovo anno ancora in pandemia? Nulla forse, ma tanto ci sarebbe da dire, da spiegare, da provare a comprendere. ANSA questa mattina pubblica in fila tre notizie da pelle d’oca: “Con Omicron si rischia di avere due milioni di contagi”; “Bimbo annega, bloccata la mamma che voleva suicidarsi”; “Da oggi mezza Italia in giallo. Vola il tasso di positività”. Notizie funeste, bruttissime che, ancora una volta, tengono con il fiato sospeso, non concedendoci una lieve speranza di vedere le cose cambiare: il Covid è ancora con noi e una madre disperata ha spezzato il legame indissolubile tra lei e il suo bambino.
Non sta a me e nemmeno a noi, come collettività, giudicare queste notizie e dare un’opinione. Quel che si può fare è provare a riflettere sulla drammaticità degli eventi che ci circondano. Durante questi due anni abbiamo vissuto dei picchi emotivi contrastanti: si è passati dalla pena per la quarantena alla gioia di un’estate libera da restrizioni fino al ritorno, nell’inverno del 2020, del Covid; l’arrivo del vaccino e la sicurezza di un’uscita più che veloce dalla pandemia fino alla consapevolezza che questo virus ci accompagnerà per altro tempo. In un salto temporale che si può riassumere in queste oscillazioni di felicità e tristezza sono volati i primi due anni di pandemia.
Inoltre, il Covid non ha colpito solo la salute degli individui ma anche il tessuto sociale, minando l’economia, l’istruzione, la cultura e tutti quei settori dove per prosperare serve un contatto umano.
Il Covid ha posto una cesura nel nostro tempo portandoci a ragionare e vivere tra un prima e un dopo. Ed è stata la prima volta che l’umanità intera si è trovata costretta a vivere le stesse difficoltà nello stesso momento storico. Tutti abbiamo vissuto le stesse emozioni, la stessa paura, la stessa gioia per l’arrivo dei vaccini. Tutti abbiamo espresso delle opinioni, concordanti o no, con le manifestazioni No Vax. Tutti ci siamo preoccupati dei nostri conti. Tutti, dall’americano al pakistano, dall’italiano al marocchino.
Il Covid, se proprio vogliamo trovare un aspetto positivo nella drammaticità degli eventi, ci ha portato a osservare il mondo oltre i confini del nostro stato: sapere che partire per un viaggio vuol dire spesso fare una quarantena all’arrivo ci consente di familiarizzare con la stessa sofferenza del popolo locale. Allo stesso modo sapere che le stesse difficoltà economiche affrontate da noi le sta provando uno spagnolo o un francese; per non parlare di chi già viveva in condizioni di indigenza, i veri martiri.
Questo ovviamente è un pensiero ottimista, forse anche troppo, ma provare a vedere gli eventi da una prospettiva diversa potrebbe indurci a un nuovo cambiamento, politico e culturale: se non ce l’hanno fatta sette decenni di relativa prosperità economica forse ce la potrà fare una disgrazia grande quanto la pandemia da Covid 19. Chissà?! Il dubbio, grande costante di questi tempi, forse ci potrà indurre ad andare avanti cercando delle risposte oppure rimanere fermi e aspettare che tutto sia passato.
Intanto iniziamo il nostro anno con un racconto di Leonardo Borvi. La sinossi è molto semplice: un soldato su un campo di battaglia è pronto ad avanzare verso il nemico. Mille dubbi lo attraversano in quegli istanti prima dell’ignoto: morirà? Rimarrà in vita? Non lo sappiamo. Solo una cosa è certa, avanzare sotto il comando di qualcuno è un dovere indigesto, riflettere sul proprio destino un obbligo.
Buona Lettura e Buon anno da tutti noi!
Lorenzo Buonarosa per la Redazione dell’Incendiario