Lettera al Duca bianco
È strano parlarti direttamente, soprattutto perché sono sicuro che ascolterai. Ho ancora un tuo vecchio poster stropicciato da qualche parte, schiacciato da cumuli di roba. Sfoggiavi un mullet aranciato e sorridevi allo specchio, mentre ti truccavi. Darei qualsiasi cosa per ritrovarti.
Sono cresciuto in una modesta famiglia, lontano anni luce da te e dai tuoi sogni, dai tuoi desideri, dal tuo pianeta fatto di arte e sensibilità. Sono una persona che non si è mai capita fino in fondo, o forse che ha preferito non indagare oltre, per timore di scoprire di aver sempre camminato nell’acqua bassa. Sono uno che sicuramente ha fatto quello che ha potuto, ma che avrebbe voluto essere in grado di fare di più. Non sono mai stato bravo a esprimermi e anche solo scrivere questo testo, mi è costato fatica.
Mi capitavi per caso: alla radio, alla televisione, intervistato da qualcuno sempre un po’ intimorito e impacciato. Qualcuno che potevo essere io. Per questo mi divertivo a immaginarmi nel ruolo dell’altro, quello che non ti capiva ma che stava comunque là ad ascoltare, con la fronte aggrottata, a sforzarsi di entrarti dentro. Mi sono chiesto se l’attrazione sessuale fosse la causa di tanto interesse nei tuoi confronti, ma era ovvio di no. Il tuo magnetismo andava oltre, sfiorando con leggerezza un terribile desiderio. Essere te. Volevo essere quella creatura che si celava dietro gli infiniti travestimenti, sempre diversa ma sempre inconfondibilmente lei. Volevo essere potente e fragile, terreno e ultraterreno. Qui e altrove. La mia banale umanità mi annoiava terribilmente e, quando ascoltavo la tua voce camaleontica attraversare l’aria, ritornavo a fantasticare di vivere nella tua pelle.
Ero convinto che tra di noi ci fosse sempre stata una distanza tragicamente incolmabile, e che così come abbiamo avuto vite diverse, anche in morte non ci sarebbe stata possibilità di incontro.
Tuttavia, una mattina di qualche anno fa ho avvertito una fitta terribile alle tempie. Ho creduto di morire e poi fui certo di essere morto. Ma ero ancora lì, dentro il mio corpo, presente e vivo. Dopo qualche ora, una voce alla televisione l’ha annunciato. BlackStar, il tuo testamento.
Mi piace pensare tu abbia scelto me per un ultimo saluto.
Allora ho deciso di salutarti anche io, Duca Bianco, con una lettera che spero ti sfiori, adesso che hai assunto la tua forma finale.
Un uomo che ti ha amato da lontano.
di Roberta Sciuto
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