Si è appena concluso il Festival Internazionale di giornalismo di Perugia. La città umbra, incastonata con le sue case color mattone tra il verde del paesaggio e l’azzurro del cielo, è stata per cinque giorni il centro del giornalismo internazionale. Dopo due anni, i professionisti dell’informazione sono tornati ad incontrarsi in presenza, tra palazzi dalle volte affrescate, il saliscendi dei vicoletti e terrazze dai panorami mozzafiato.
Con gli occhi di una praticante che si sta avvicinando a questo mondo e per la prima volta ha avuto la possibilità di scrutarlo da vicino, mi sono interrogata sulla natura stessa del festival, sull’esigenza di celebrare il giornalismo e di dedicare al mondo dell’informazione una full immersion di eventi e conferenze. Non importa se si indossa il pass rosso degli speaker e quello verde della stampa: tutti concordano sulla necessità di celebrare questo mondo proprio per riportare al centro l’informazione, di inscatolare, mettere in forma, alimentare la libertà con una conoscenza della realtà che sia basata sui fatti.
Tempi duri, quelli dell’informazione, strattonata da chi cerca di appropriarsene per manipolare la conoscenza altrui, costretta a barcamenarsi tra surrogati o pallidi imitatori e a rispondere al tentativo costante di espropriazione che viene dal mondo del suo contrario: le fake news. Di fronte al dilagare di un’informazione falsa, illusoria, che si traveste da news per raggiungere scopi egoistici e manipolatori, ecco che si alza il coro di chi cerca un ritorno alla trasparenza, alla corrispondenza tra narrazione e fatti, alla chiusura del cerchio della conoscenza, a riportare per far arrivare il fatto direttamente al pubblico.
Dai microfoni degli oltre duecento incontri si è propagato lo stesso invito a tornare ai fatti, un invito che va di pari passo con la ricerca di nuove strade per il giornalismo, da una narrazione supportata dalla potenza della sola voce e sempre più aperta alla fidelizzazione e intimità del podcast, alle inchieste supportare dalle ricerche sempre più avanzate che permette di fare l’intelligenza artificiale e l’uso di algoritmi applicati al giornalismo.
Sono moltissime le nuove frontiere del giornalismo e il mondo dell’informazione è sempre più aperto all’innovazione. I tool digitali e le immagini satellitari di Google Earth permettono di scovare storie, fare inchieste, viaggiare e andare direttamente sui luoghi, essere nella notizia, all’interno della storia. Il giornalismo di oggi è sano e vigile, abbraccia le nuove frontiere della tecnologia ed è sempre più accessibile e alla portata di tutti.
Occorre un festival per celebrare questa pars costruens ma anche per ribadire quella destruens, per smascherare i pericoli di una disinformazione che nega la verità, che manipola, che si scontra con l’evidenza dei fatti, non importa quanto siano supportati da immagini così crudelmente vere o da evidenze scientifiche. Un grido di allarme si alza dai fact-checker che hanno preso parte ai numerosi panel, dalle nuove collaborazioni che Meta ha instaurato con Facta.news, dalle voci di grandi scrittori che sono riusciti a scandagliare le problematiche dell’informazione. Paolo Giordano, sorretto dalla sua formazione da fisico, propone come antidoto alla disinformazione che ha stretto la sua morsa prima sulla pandemia e poi sulla guerra in Ucraina il riferimento a dati e numeri. Per il vincitore del Premio Strega 2008 con La solitudine dei numeri primi la risposta è nell’uso di un linguaggio chiaro, comprensibile, diretto, proprio per avvicinare l’evidenza che solo i numeri e i dati sanno dare al pubblico.
E di fronte a chi nega le atrocità che stanno avvenendo nel cuore dell’Europa e lungo i confini più martoriati, Edoardo Albinati risponde con i reportage in cui racconta la condizione di chi fugge dall’Afghanistan e dei viaggi fatti al fianco di UNHCR e della scrittrice Francesca d’Aloja. Emerge un giornalismo diretto, plastico, che trascina il lettore direttamente all’interno del videogioco crudele che è costretto ad affrontare il migrante, tra i numerosi games con cui tenta di entrare in Europa, di accedere ad una nuova vita. E proprio il giornalismo di Albinati, Premio Strega 2016 per la sconvolgente penetrazione sotto la superficie dorata della borghesia romana con La scuola cattolica, riesce a restituire la drammaticità di una vita che deve essere abbandonata e il sogno folle di trovarne un’altra, la stessa disperazione e voglia di riscatto che trapela dagli sguardi incontrati durante la sua esperienza di insegnante in carcere e raccontata in Maggio selvaggio.
L’importanza del giornalismo viene cantata da Morgan, ricordata dal dissacrante dialogo tra Zerocalcare e la sua coscienza-Armadillo Valerio Mastandrea, gridata dalla testimonianza di Roberto Saviano, enfatizzata dalle inchieste coraggiose di giornalisti sotto copertura, da Sacha Biazzo di Fanpage a James Kleinfeld di Al Jazeera Investigations, narrata ogni giorno dalla comunicazione diretta, chiara, smart e alla portata di tutti di Will Media e dai podcast di Mia Ceran, Cecilia Sala, Francesca Milano.
Moltissime sono le vie che il giornalismo sta percorrendo per cercare di svincolarsi dalla morsa del suo opposto e riconquistare credibilità e autorevolezza agli occhi del pubblico. Perché l’informazione, se non può pretendere di possedere la verità, deve fare la sforzo di tendere a quest’ultima, avendo sempre come bussola l’aderenza ai fatti.
E sì, è necessario un festival internazionale per ricordare l’importanza vitale, per la democrazia e per la libertà, di un giornalismo consistente, trasparente, al servizio di tutti noi.
Eleonora Bufoli per la redazione de L’Incendiario