“L’album di famiglia” di Valentina Olivastri (Youcanprint, 2021) – Recensione

A volte ci intestardiamo a immaginare che la felicità sia sempre lontana, quasi irraggiungibile. Eppure, guardandomi attorno, mi resi conto che era fatta soprattutto di semplicità. Certo, ero più che fortunata. Non tanti possono permettersi di vivere in una scheggia di paesaggio solida e solitaria dove nessuno ha costruito un tempio al dio portatore di moneta.

La giovane Edith, anima irrequieta e libertina, ha capito bene come porre rimedio a quel senso di insoddisfazione e delusione che prova: deve cambiare aria e far ritorno nel luogo dove lei e la sua famiglia erano soliti trascorrere le vacanze estive.
Infatti, quale luogo potrebbe essere più adatto per ritrovare la pace interiore, se non un piccolo paese della dolce Toscana?
Edith, giornalista e ottima cuoca, ha infatti deciso di abbandonare la sua città natale, Londra, e di trasferirsi a Borgo.
Era stato suo padre Philip, uno storico dell’arte, a scoprire per puro caso quel gioiellino.
Borgo, infatti, è un paese di origine medievale e del suo passato conserva ancora le antiche mura e la porta di accesso con l’arco di San Terenzio.
Tra le case e gli uliveti, a metà collina, si erge una chiesa semi-abbandonata, in cui è custodito un ricco tesoro: si tratta di una tavola su cui sono raffigurate tre creature in un paesaggio naturale, mentre sul retro compare un dipinto, non ultimato, raffigurante l’Annunciazione.
Borgo è abitata da gente laboriosa dedita a occupazioni che purtroppo nelle grandi città stanno via via scomparendo.
C’è Fosca, per esempio, colei che spesso si occupava di badare ad Edith e ai suoi fratelli.
È sempre stata una casalinga e oggi riesce anche a guadagnare qualcosa vendendo polli, uova, conigli e verdure varie.
Il suo più grande merito, però, è quello di aver trasmesso a Edi la passione per la cucina, insegnandole a preparare tante prelibatezze, soprattutto quelle tipiche toscane.
Insieme a lei, altro onesto lavoratore e abitante di Borgo è Luca, il proprietario della trattoria “Dalla Renza” dove cucina, serve e prepara il conto.>
È un po’ restio alla tecnologia: infatti, non accetta carte di credito o di debito e, in caso in cui non si disponesse di contanti, è ben felice di essere pagato con un aiuto in cucina.
È in questo piccolo gioiellino che la giovane londinese decide di rifugiarsi per trovare del tempo per riflettere.
Ha già ben chiaro come avrebbe trascorso il suo tempo: avrebbe dormito nel casolare di proprietà, si sarebbe dedicata al giardinaggio, alla cucina, ai gatti e avrebbe chiesto a Luca di aiutarlo a prendere le ordinazioni e a preparare dolci.
Non avrebbe lasciato il lavoro da giornalista: infatti il suo redattore, venuto a conoscenza del suo imminente trasferimento, le assegna di scrivere una rubrica sulle ricette tipiche nazionali e regionali con accenni anche alla storia, alla lingua e al folklore.
Per di più Edith spera tanto di trovare a Borgo qualcuno intraprendente e passionale come lei, con cui potersi lasciare andare in avventure di una sola notte.
È per questo motivo, infatti, che non si lascia scappare in alcun modo il bel Lorenzo, nipote di Ludovico Franceschi.
Ludovico Franceschi era uno degli uomini più chiacchierati del paese: era un dongiovanni e viveva grazie ai soldi e alle proprietà lasciategli in eredità, ma, avendo pian piano sperperato tutto, aveva iniziato a chiedere prestiti, senza mai restituire il denaro.
È proprio dopo il trasferimento della giovane protagonista che Ludovico viene a mancare colpito da un infarto: è per questo motivo, infatti, che la sorella Luisa e suo figlio fanno ritorno a Borgo.
Tra Lorenzo e Edith scoppia immediatamente la scintilla e, dopo un breve corteggiamento, i due si lasciano andare alla passione.
Anche con Luisa riesce a instaurare un bel legame: pur non essendosi mai conosciute prima, la donna sente che può fidarsi di lei e le racconta una storia che ha tenuto nascosta per molti anni.
Quello è soltanto l’inizio di una serie di confessioni da parte dei vari personaggi: tutto avviene durante una cena, quando per puro caso iniziano a sfogliare un album di vecchie foto che Edith aveva acquistato alla fiera antiquaria di Arezzo.
L’oggetto che dà il titolo a questo libro, infatti, entra in scena in maniera discreta,quasi in punta di piedi: è alla fine che diviene il principale protagonista e, come se si trattasse di un oggetto magico, svela dei segreti che sconvolgono l’equilibrio di Borgo.
“L’album di Famiglia” è un romanzo da leggere più volte, concentrandosi via via su un aspetto differente: la storia; le descrizioni dei paesaggi ed infine i riferimenti culinari.
La narrazione degli eventi, ricca di flashback e digressioni, parte in modo forse un pò troppo lento, per poi esplodere completamente negli ultimi capitoli lasciando il lettore pieno di dubbi e domande.
Il racconto è intervallato dalle innumerevoli descrizioni dei paesaggi di Borgo, un locus amoenus che sembra quasi materializzarsi attorno al lettore grazie alla minuzia di particolari forniti dall’autrice: immagini, suoni e odori sono riportati su carta con un’eleganza pari a quella di un pittore.
Aspetto innovativo e curioso di questo romanzo è sicuramente il continuo riferimento a piatti tipici toscani e italiani in genere, di cui sono anche descritti alcuni passaggi della loro preparazione: sono infatti nominati i cavatelli fatti in casa, i fagioli all’uccelletto, gli gnudi, i cenci e così via.
Si tratta di elementi sapientemente inseriti da Valentina Olivastri per dare una nota di folklore e tradizione alla storia, una nota resa perfettamente anche dal linguaggio di alcuni personaggi.
Le parlate di Fosca, di Remo e di Luca, sono costellate da colorite espressioni dialettali che contribuiscono ancora di più a creare il clima tipico di un paese delle colline toscane.
È un linguaggio che, peraltro, si contrappone a quello di Edith, un misto tra italiano e inglese.
Questo romanzo, infatti, è un miscuglio perfetto tra antico e moderno, tra tradizione e novità e di cui i principali emblemi sono: gli abitanti di Borgo da un lato e la protagonista dall’altro.
Lo scontro generazionale è presente, ma si tratta di uno scontro-incontro che dà i suoi buoni frutti: Fosca, per esempio, è il modello della donna indipendente e felice che Edi guarda con ammirazione; al contrario delle sue amiche londinesi che la guardano inorridite.
In più, si può notare anche il confronto tra due mondi differenti e distinti fra loro: la campagna e la città.
Nessuno è superiore all’altro e nessuno è migliore dell’altro: anzi, con questo romanzo ci si può rendere conto dell’inestimabile valore che hanno questi luoghi, spesso dimenticati.
Sono dei veri e propri scrigni di ricchezze che aspettano soltanto di essere scoperti e rivelati al mondo: qual è la chiave per poterlo fare? Essere curiosi e desiderosi di arricchire la propria mente e il proprio bagaglio di ricordi.
Dunque, cari lettori, siate collezionisti di memorie e, ancor di più, di fotografie.

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