Sorpresa! Eccomi oggi nelle veci di editorialista. No, non si tratta di una promozione: in fondo in fondo, resto pur sempre il vostro spacciatore di giornaletti preferito. Però quando il grande capo Antonello ti scrive “vuoi fare tu l’editoriale lunedi?” come fai a dirgli di no?
È comunque una proposta ammirevole. Spesso – nelle serie televisive come nei fumetti – se c’è qualche intoppo nello sviluppo della trama principale si tende a mandare in onda o a pubblicare vecchie storie. “Hey Peter, ti ricordi quando hai affrontato Goblin la prima volta?” E via con la ristampa dello scontro, per salutare poi i lettori alla settimana successiva. La nostra redazione in fiamme preferita avrebbe quindi potuto benissimo riproporre vecchi e noti editoriali, come quando Antonello ci comunicò di averci lasciato le penne ( Io Incendio: Antonello è morto ) o quando Gloria ci ha suggerito che nel tempo bisogna saper abitare ( Che senso ha avere tempo se non si sa abitarlo ). Ma invece, eccomi qui!
Di cosa avrei potuto parlare, quindi, come editorialista dell’Incendiario? Non volevo certo riproporre analisi di fumetti, né improvvisare una recensione dell’ultimo capitolo del MCU attualmente in sala (che sinceramente non ho ancora visto, né avverto l’urgenza di andare a vedere). E allora? Avrei fatto un editoriale in cui, alla fine dei conti, avrei spiegato che non avevo nulla da dire? Affatto: puoi fare una cosa del genere se sei la Ferilli in prima serata a Sanremo. Se tirassi avanti così questo editoriale, quindi, non vi biasimerei se decideste di chiudere ora e continuare a vedere i reel sui gatti.
Oggi, amici e amiche dell’Incendiario, ho deciso di condividere su queste pagine una breve riflessione. Vorrei parlare infatti del mestiere che non esiste: lo scrittore o la scrittrice. “Eccola, è arrivata l’ennesima manfrina sullo Stato che non foraggia le arti e la cultura”. No fermi, non chiudete: vi spiego.
Se io vi dicessi di pensare a uno “scrittore” o a una “scrittrice”, voi a cosa pensereste? Probabilmente a uno dei vari nomi esistiti da Saffo a Carofiglio: non potrei biasimarvi. Eppure, usare solamente o prevalentemente la definizione di scrittore o scrittrice quando si parla di Dante, Jane Austen, Cervantes e Nadia Terranova mi lascia un po’ perplesso.
Andiamo allo studio della struttura della parola: come tutti i nomi d’agente in –ore / -(t)trice, anche scrittore e scrittrice indicano semplicemente chi svolge una determinata attività. Nulla più. Concorderete con me allora quando dico che oggi quell’attività di scrivere può consistere in diverse azioni. Si scrivono messaggi, si scrivono graffiti, si scrivono libri (che possono essere raccolte di poesie, opere teatrali, romanzi…), si scrivono articoli di giornale (anche questi diversissimi: editoriali, cronaca, recensioni, sport…), si scrivono monografie ed articoli accademici, si scrivono sceneggiature per film e fumetti. Ebbene, mentre la nostra sensibilità linguistica avrebbe da ridire solo nel definire “scrittore” chi scrive messaggi o graffiti (tuttalpiù useremmo scriventi), non ci sarebbero tendenzialmente problemi a definire scrittore un poeta, un giornalista e uno sceneggiatore. Non è tecnicamente un errore, ma è indubbio che ormai scrittore/scrittrice si sia trasformato in una sorta di iperonimo che ingloba più sfumature, a discapito della precisione. Il fenomeno è più evidente laddove si voglia indicare — con tale sostantivo — una professione basata sulla scrittura: si ha quindi un termine corretto fin dove appunto esso si proponga l’obiettivo di indicare tutte le figure professionali basate sulla scrittura. Proprio per questo però scrittore e scrittrice sono parole che indicano un mestiere che non esiste: perché la sua accezione così estesa ingloba professioni alquanto dissimili e – come ogni parola troppo generica – finisce per non indicare nulla.
Il nostro sistema linguistico offre comunque delle alternative validissime per ovviare alla questione appena presentata. Non mi riferisco solo ai vari romanziere, sceneggiatore, saggista ecc. Sarebbe bello indicare i grandi personaggi della letteratura come autori e autrici e non come scrittori e scrittrici: indicarli cioè come personaggi dotati di auctoritas, di quella “autorevolezza”in virtù della quale meritano di essere letti e riletti. È quantomeno curioso infatti sentir definire scrittrici sia Mary Shelley (autrice di Frankenstein) che Luciana Littizzetto (che ha pubblicato La Jolanda Furiosa).
Se proprio vogliamo continuare ad usare scrittore e scrittrice per chi scrive libri, impieghiamo questo termine solo per quelle figure la cui produzione libraria rimane circoscritta all’interno del respiro di un ciclo commerciale editoriale (youtuber, attori, pseudogiornalsiti). Per chi ha altre (riuscite) pretese, usiamo autore e autrice: non solo nel senso di “artefice di qualcosa” (ognuno è autore di ciò che scrive e che fa, naturalmente) ma, soprattutto, in quello di “autorevole”.
Bene, dopo questa menata glottologica mi ritiro nel mio antro di dizionari e giornaletti. Approfitto di questa conclusione giusto per lanciare un ultimo annuncio. La seconda stagione di Essere o non essere…super? comincerà molto presto. Sono già previste diverse puntate in cui sarà analizzata la storia narrativa ed editoriale di Batman, in cui parleremo non solo dell’evoluzione del personaggio dagli anni ’40 agli anni 2000, ma analizzeremo come tutto il medium del fumetto si è evoluto insieme a lui, approfondendo le opere che hanno segnato un punto di non ritorno nella storia della narrazione per immagini. La prima puntata di “A Bat-Story” è in arrivo!
Che dire, è arrivato il momento di chiudere. Con l’augurio che possiate promuovere alcuni scrittori a veri e propri autori della vostra biblioteca personale, vi auguro una buona settimana!