Grazie Michela Giraud per farci dire vaffanc**o maestra Pina

Se non avete visto lo speciale di stand-up comedy di Michela Giraud targato Netflix «La verità, lo giuro!» siete pregati di andare subito a recuperarlo. Da anni ormai seguo con piacere la stand-up comedian romana, da quando faceva video per Educazione cinica fino allo sketch sulle psicofregne che le ha dato più notorietà su Youtube, per arrivare ai recenti successi come la partecipazione a LOL e la conduzione di CNN, perché mi fa ridere (ovviamente) e credo sappia far ridere in generale.

Il target del pubblico è maggiormente quello femminile (ma non solo): chi non ha mai provato il fastidio del «culo rosso come quello di un macaco» dovuto agli assorbenti, oppure non si è mai sentita inadeguata in uno sport costrettole a fare dai genitori, che per me era la ginnastica artistica – non sapevo fare neanche una ruota (non ride, n.d.r.). Ciò che più insegna però Michela Giraud, anche tramite riferimenti culturali prestigiosi che denotano un background culturale di alto livello (requisito fondamentale anche per il suo pubblico), è come sbattere in faccia i nostri successi a chi non è stato proprio un nostro sostenitore. Nel suo caso, la celebre battuta recita proprio «vaffanculo maestra Pina» riferendosi alla sua insegnante di danza classica che la giudicava perché più in carne delle altre bambine. Chi di noi, da piccolo o da adolescente, non è stato giudicato negativamente da un insegnante o da un parente che aveva come unico compito quello di passarci qualcosa? Torniamo così a riflettere sul vero ruolo dell’insegnante: trasmettere conoscenza e competenza. Anche quando ci si trova di fronte a qualcuno che palesemente non è in linea con la disciplina, è nostro compito metterlo a proprio agio.

Quanti si sono sentiti dare dell’incapace o del nullafacente a scuola solo perché poco portati per una determinata materia? Basta un commento di cattivo gusto, denotato da un’ironia sprezzante, per far sì che l’idea che quella persona ha di sé stessa sia guastata per sempre. Sottoporre i bambini o gli adolescenti fin dalla tenera età a un giudizio negativo su di loro solo perché non si sa fare una cosa è deleterio e offende il ruolo che gli adulti dovrebbero avere nella crescita e nello sviluppo del loro io.

Naturalmente, non sto dicendo che non si debbano evidenziare le negatività per portare al miglioramento, ma basterebbe seguire la norma oraziana del miscere utile dulci e accompagnare quel commento negativo con un giudizio positivo. Basta dire «non sei in grado di farlo perché sei grassa» alle bambine che danzano, diciamo invece «forse questa disciplina non è il tuo forte, in quest’altro sei più brava».

Insomma, Giraud ci dà però anche la possibilità di mandare a quel paese chi non ha creduto in noi da piccoli: basta cercare di raggiungere aspettative che ci hanno imposto gli altri o standard irrealizzabili PER NOI. Impariamo a prioritizzare le nostre esigenze, poi a chi dice che non possiamo farcela possiamo sempre dire «vaffanculo maestra Pina!!!».

Presentiamo infine l’inedito di questa settimana: come sapete un format che ci piace usare per pubblicare i nuovi autori è la pubblicazione dell’incipit di un libro. Questa settimana è per Andrea Guerra, autore di Un mistero punk, il suo primo romanzo, speriamo vi piaccia!

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