Carlo Coccioli nasce a Livorno, il 15 maggio 1920, alle ore 4.25 del mattino (specifico l’ora per tutti gli appassionati del Tema Natale).
Il padre, Attilio, è un giovane sottotenente dei bersaglieri e la madre, Anna Duranti, una livornese di origini ebraiche. Sarà proprio l’impiego del padre a far sì che Coccioli, fin da bambino,
inizi ad esplorare il mondo. Bengasi, Derna – dove frequenterà le scuole elementari – e poi ancora
Parma, Tripoli, dove imparerà il francese. Successivamente Fiume, città in cui otterrà il diploma di scuole superiori, e poi finalmente Napoli, dove nel 1939 inizierà a frequentare il Regio Istituto Universitario Orientale.
Nel 1942 sarà chiamato al servizio di leva obbligatoria. L’anno successivo – divenuto sottotenente – la caserma dove presta servizio verrà circondata dalle truppe tedesche; Carlo riesce a fuggire,
raggiunge Cerbaia ed assume il comando, con il nome di battaglia di Francesco, di una brigata partigiana.
Nel 44 verrà catturato dai tedeschi in Toscana e condotto nella prigione di San Giovanni al Monte di Bologna, da dove, armi in pugno, riuscirà ad evadere guidando una drammatica rivolta, prima di
tornare al fronte ad attendere gli alleati. A fine guerra, per i suoi meriti sul campo, gli sarà conferita la medaglia d’argento al valore militare.
Dopo aver reso onore – soltanto un accenno – alle gesta di questo strepitoso artista dalle mille vite, vorrei narrarne le non meno affascinanti gesta letterarie.
Coccioli esordisce come scrittore nel 1946, con il romanzo “Il migliore e l’ultimo” edito da Vallecchi, ma è con “Fabrizio Lupo” pubblicato in Francia nel 1952 e mai tradotto in Italia fino al 1978, che conoscerà la
notorietà ed, ahimè, le sue conseguenze.
Il romanzo, in cui Coccioli dichiara la sua omosessualità, susciterà un tale scalpore da “costringere” l’artista, nel 1953, ad un esilio forzato in Messico. Sarà proprio qua, lo stesso anno del suo arrivo in terra Messicana, che il romanzo verrà pubblicato e diventerà – e lo rimane tutt’ora – uno dei più grandi classici della letteratura latino americana. Il successo in terra straniera non sarà gratuito, anzi, le maggiori conseguenze avverranno proprio nel paese adottivo, dove Carlo risiederà fino al 2003, anno della sua scomparsa. E’ qua, infatti, che farà più scalpore, addirittura inducendo al suicidio, come da lui stesso ha dichiarato dopo la lettura del testo, di un giovane ragazzo messicano, tale Ramon Zuniga Cordero, della città di Guadalajara, al quale Coccioli dedicherà il romanzo capolavoro “Un suicidio”.
Non basterebbe una vita intera per raccontare l’infinità di scritti che l’autore ha prodotto in terra Sud Americana, ed infatti non lo farò; l’unico che voglio ancora citare é “Manuel il Messicano”, a mio avviso uno dei più grandi romanzi mai editi.
Ho voluto scrivere questo pezzo per rendere onore ad uno dei più grandi e sottovalutati scrittori del Novecento italiano. Mai, purtroppo, in terra natale gli è stato riscontrato il valore che meritava. Coccioli era un “elemento scomodo”, difficile da catalogare, come ogni genio infatti sfuggiva a qualsiasi possibile catalogazione ed inoltre era omosessuale, cosa che in quegli anni era vista, persino dalle menti più evolute, come demerito e condanna. Ma c’è di più; la cosa che mai, e dico mai, gli hanno perdonato è stata la sua passione per Dio. Gay e credente. Quale peggiore sciagura si sarebbe potuta accostare, in quell’epoca, ad un uomo? Ma l’arte rifugge qualsiasi classificazione, ed oggi, a più di cento anni dalla sua nascita, una piccola, ma molto accalorata schiera di appassionati, sta riportando alla luce gli scritti di questo fantastico autore.
La scrittura di Coccioli è unica, non rassomiglia a nessun altro se non a se stesso; la sua narrazione, impagabile, alterna descrizionitalmente vivide da farti rivivere il momento esatto- ad un pensiero mistico-filosofico altissimo, per poi riportarti, di slancio, nella trama del romanzo.
Scaltro esploratore dell’animo umano, poliglotta, alcolizzato, omosessuale, eroe di guerra, esiliato, Ebreo, Induista, Buddista, Cristiano; Carlo Coccioli è tutto e niente, è la saggezza e il ridicolo che si intrecciano; sebbene da molti fosse definito uno sciocco, nessuno dei tanti detrattori si è mai avvicinato alla sua grandezza.
Coccioli o lo ami o lo odi, non ci può essere via di mezzo, ed io, personalmente, lo amo alla follia.
Andrea Guerra