L’assassino cieco di Margaret Atwood (TEA, 2018) – Recensione


Le pagine di L’assassino cieco di Margaret Atwood (TEA, 2018), che scorrono come un fiume in piena, ripercorrono tutta la storia del Novecento attraverso le vicende della famiglia Chase, proprietaria di alcune fabbriche di bottoni in Canada, in particolare delle due sorelle Iris e Laura. Due sorelle molto diverse da loro per attitudine, carattere e destino.

Attraverso le vite di queste due sorelle ripercorriamo le tappe più importanti del ‘900 attraverso il punto di vista femminile: lo scoppio del primo conflitto, l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro e delle fabbriche, il difficile rientro dei veterani dalla guerra. Ma soprattutto troviamo una lunga analisi della condizione femminile dell’epoca: spesso ci arrabbieremo con le protagoniste perché – secondo il nostro moderno modo di ragionare – ci possono sembrare assurde alcune scelte. Leggendo queste pagine non bisogna mai dimenticarsi che ci troviamo davanti a donne e uomini nati all’inizio del secolo scorso, cresciuti ed educati secondo un modello patriarcale, fortunatamente lontano dal nostro.

Copertina di L’assassino cieco di Margaret Atwood (TEA, 2018)

L’intreccio narrativo è molto interessante e coinvolgente, quasi come se fossero due romanzi in uno, ma assolutamente non confusionario. Da un lato troviamo la vita della sorella maggiore, Iris, narrata in prima persona dalla protagonista ormai anziana: dall’infanzia, al matrimonio, alle varie tragedie susseguitesi nella sua vita; dall’altro lato troviamo le pagine del romanzo lasciato da Laura. Eventi storici, società, passioni corrisposte e amori travolgenti e contrastati sono gli ingredienti – a mio giudizio – perfetti per un libro che rimane nella mente e nel cuore del lettore.

L’assassino cieco di Margaret Atwood (TEA, 2018) è un romanzo dalle sfaccettature molto profonde, che indaga a fondo sulle scelte umane e sulle loro conseguenze: a ogni scelta, felice o infelice che sia, corrisponde inevitabilmente una conseguenza alla quale nessuno può sottrarsi.

Recensione a cura di Margot Cardullo.
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