Off-line Zona rossa: Intervista a Natalia Marraffini

Abbiamo aperto L’Incendiario in ottobre 2020. Natalia Marraffini ci scopre fin da subito, quasi per caso, dandoci il suo sostegno, credendo nel nostro progetto, diventando una nostra autrice pubblicando alcuni racconti sul nostro blog (Il Notturno, #Salto2021). In quello stesso anno Natalia Marraffini pubblica il suo primo romanzo, Off-Line. Zona rossa (Porto Seguro, 2020): una confessione privata e personale di una neoprofessoressa che entra nel complicato sistema scolastico nella famosa prima quarantena a causa della diffusione del Covid 19. È una novella insegnante ma a distanza, costretta a fare lezione attraverso una videocamera, utilizzando quei pochi giga del telefono che le permettono di lavorare. Per risparmiare i giga, quando non è necessario, deve spegnere la connessione dati e andare Off-line. Lo stato di Offline porta la protagonista a riflettere su se stessa, a ripensare al passato, a ritirare fuori ricordi che aveva rimosso. Sono felicissimo, pertanto, di ospitare finalmente l’autrice per parlare del suo romanzo, e do, pertanto, il benvenuto a Natalia Marraffini.

Copertina di Off-line. Zona rossa (Porto Seguro, 2020) di Natalia Marraffini

Ciao Natalia, e vado con una prima domanda diretta sul tuo romanzo, Off-line. Zona rossa: quanto è autobiografico?

Ci sono delle parti che sono molto autobiografiche ovviamente. La struttura narrativa è riorganizzata, ma gli spunti che emergono nelle varie parti sono fortemente autobiografici. È una sorta di puzzle ricostruito della mia autobiografia.

Quando decidi di rendere inchiostro la storia di Off-line? Quando senti questa forte esigenza di mettere su carta quel periodo e i tuoi ricordi rievocati?

Ho deciso nel mentre della mia vita. Ho sempre scritto ciò che mi capita, ciò che vivo, ciò che attraverso. Ho una grande mole di diari infatti, simbolo del mio disagio esistenziale, ovvero il mio rapporto con la scrittura, e da questi diari ho rimaneggiato delle parti. La scrittura mi accompagna nell’esistenza e poi mi sono detta: non voglio che la mia scrittura resti solamente mia, voglio che sia condivisa. Ho ripescato, quindi, quei pezzi che volevo fossero condivisi e li ho messi insieme nel puzzle del libro.

Quali sono, nello specifico, questi pezzi che volevi condividere?

In realtà tutto il romanzo, con il suo significato di spezzare un ciclo di violenza generazionale, di uscire dal silenzio, di uscire dalla zona rossa, di infrangere un po’ quei limiti. Il messaggio del romanzo mi ha spinto, quindi, a pubblicarlo.

Off-line mi ha colpito perché, pur avendo spunti autobiografici, si avverte fortemente che il romanzo si rivolga direttamente al lettore, che la tua intenzione sia di aiutare qualcun altro.

La struttura ibrida del romanzo è legata a quanto hai detto. Ci sono delle lettere, dei messaggi dedicati ad altri; altre sezioni sono, invece, più introspettive, ma costruite per il lettore, affinché queste siano lette e capite.

E rivolgendoci direttamente a un lettore che non si è ancora avvicinato al tuo romanzo, come gli presenteresti il significato della parola Off-line Zona rossa?

Per me il significato del titolo è di spezzare i propri limiti interni, che nella storia parte dal ricordare, ovvero rompere la barriera della rimozione, per poi scrivere per condividere, e, quindi, spezzare anche il silenzio attraverso la scrittura e la condivisione.

La rimozione viene vinta dalla condivisione. Che cos’è la rimozione e quale ricordo viene rimosso dalla protagonista del romanzo?

Il romanzo è un percorso di recupero dei ricordi rimossi delle violenze e degli abusi subiti. Nella mia esperienza personale, avevo quasi completamente rimosso tutta la mia infanzia e i ricordi traumatici.

A proposito dei ricordi, mentre si legge tu accompagni il lettore nel ricordo. Non si intuisce fin da subito, infatti, che una delle tematiche è la rimozione di una violenza subita. Inserisci il lettore in un percorso, che ricorda piano piano con te, trattando l’argomento nel modo migliore: il ricordo della violenza è trattato non in modo artificioso, ma in modo vero.

A volte ho avuto la sensazione di essere stata anche fin troppo brutale in alcuni punti, senza curarmi di una sensibilità esterna. È un percorso che vuole accompagnare nella totalità della violenza, con una certa gradualità, anzi, forse un’intrusione, perché la prima parte tratta più del Lockdown e dell’ambito scolastico. Si intravede, però, questa zona rossa, che da esterna diventa interna. Metaforicamente, la zona rossa è il ricordo che riemerge ma è anche un vissuto emotivo di convivere continuamente con le proprie violenze; a livello esterno, la zona rossa è ovviamente il lockdown, questa chiusura, questa impossibilità di uscire e, quindi, anche questa costrizione a stare dentro e dentro di sé.

Quanto è stata catartica la scrittura di questa zona rossa?

La scrittura nel riemergere del ricordo è stata la stampella, l’accompagnamento, il sostegno, anche psicologico. Coltivo la passione della scrittura fin dall’infanzia e adesso, a posteriori, capisco che è stata per me uno strumento fondamentale, anche perché una delle conseguenze della rimozione di un trauma di qualsiasi tipo, che può essere una violenza o un incidente, è la difficoltà di riuscire a mentalizzare l’esperienza, di portarla dentro di sé come riflessione. La scrittura è stata quella chiave che mi ha concesso di accedere a queste esperienze, di reggermi in piedi e di rimettermi insieme mentre ricordavo.

Come ti affacci alla scrittura? Quando Natalia Marraffini decide di scrivere?

Ho iniziato a scrivere fin dall’infanzia, con i miei diari di quando ero bambina. Alle scuole superiori ho iniziato a collaborare con il giornalino scolastico e a partecipare a concorsi letterari. All’università ho proseguito con un’altra redazione di un giornalino universitario letterario e a partecipare ad altri concorsi, ma ho deciso di fare qualcosa di più con la scrittura nel 2019, ancora prima di ricordare e di scrivere il libro. Mi ero lasciata col mio ex fidanzato, ho mollato un lavoro in tronco, sono tornata a vivere da mia madre e questa svolta di vita ed esistenziale mi ha portato a recuperare le mie passioni. Venivo da un periodo in cui forse mi ero un po’ persa, mi ero un po’ allontanata, dopo la laurea, dalle cose che amavo. Il 2019 è stato, quindi, l’anno in cui mi sono detta: voglio scrivere qualcosa, voglio pubblicare qualcosa. Il mio percorso nella scrittura mi accompagna, però, fin da bambina.

Cosa hai scritto nel 2019? Qual è il primo testo che hai scritto quando hai deciso di intraprendere questo percorso?

Ho iniziato a recuperare tutte le cose che avevo scritto negli anni, e ho messo su una sorta di raccolta, più per me che per una futura pubblicazione, che mi ha dato la consapevolezza di essere già una scrittrice, di avere gli strumenti e le capacità e anche una certa mole di testi prodotti. Questo mi ha dato la vera spinta:andare a ricomporre la mia vita attraverso i testi che avevo, ricomporre i miei pezzi insieme.

Ciò che sto capendo, ed è bello, è che nella tua storia e nel tuo racconto c’è sempre una forte presenza della memoria. Non fingi nella scrittura. Molti scrittori inventano personaggi, creano qualcuno estraneo da loro, invece tu sei completamente e davvero tu quando scrivi.

Questo è il filo rosso della mia vita, e forse è il motivo per cui fino al 2019 in realtà non mi interessava veramente di pubblicare e di condividere qualcosa. Facevo parte di redazioni, ho fatto due o tre concorsi durante il periodo del liceo e universitario, ma non avevo l’ottica di dire: voglio fare la scrittrice, voglio provare a scrivere e a pubblicare un libro. Ho scritto sempre nell’ottica di essere me stessa e alla ricerca di identità.

Prossime pubblicazioni? Di che ti stai occupando adesso?

Quest’anno è uscito il mio podcast, Confessioni di una millenial 2022, composto da tutti i racconti scritti da me. Ho in cantiere qualcosa ma sono anche in attesa di un’occasione giusta, di un editore o di un concorso che magari mi dia agganci in più, quindi, attendo.

Sei in un momento per aspettare l’occasione giusta per un prossimo romanzo quindi.

Sì, poi sto scrivendo e ho diversi idee, pertanto ho già qualcosa che sta nascendo.

Ti faccio l’ultima domanda, quella che facciamo a tutti i nostri intervistati: quale testo, che sia romanzo, raccolta di poesie, raccolta di racconti, saggio o altro consiglieresti necessariamente a un nostro lettore?

Non ci sono testi necessari, la formazione migliore è quella che ci dà la nostra passione, dove ci porta il nostro fuoco. Per me un’autrice fondamentale è stata Anna Maria Ortese e la sua opera Il porto di Toledo, con cui apro Off-line. Zona rossa con una citazione. Però, per approcciarsi anche alla sua scrittura, consiglio Il mare non bagna Napoli, una raccolta di racconti. Ma ciò che è importante è lasciarsi condurre dalle proprie passioni.

Saluto Natalia Marraffini con grandissimo affetto, la ringrazio per essere stata ospite su L’Incendiario e, aspettando sui nuovi racconti e romanzi, ricordo che potete trovare Offline. Zona rossa nelle apposite librerie, su Amazon e su IBS.

Intervista a cura di Antonello Costa

Hai una poesia, un racconto, una recensione o un testo di critica nel cassetto e vuoi vederlo pubblicato su L’Incendiario: inviaci il tuo testo tramite email, redazione.incendiario@gmail.com

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...