Quanto un autore può immedesimarsi?

In vista della settimana prossima, durante la quale si svolgerà la ricorrenza della giornata della donna (25 novembre) vorrei intraprendere un ragionamento sul punto in cui è la società oggi. Mi è capitato di trovare su Instagram un post riguardo alle nuove uscite letterarie: in particolare, c’è una nuova uscita di Matteo Bussola, “Il rosmarino non capisce l’inverno”. Nel post che sponsorizzava il libro c’era questa descrizione, presumo tratta da un’intervista all’autore.

Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione
di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già.

Matteo Bussola

Adesso che avete sicuramente saltato la citazione, sia che siate uomini o donne, rileggetela attentamente.
La mia prima reazione è stata di risata: come puoi arrogarti il diritto di parlare al posto di qualcuno che non sei? Per quanto la capacità principale del buono scrittore sia quella del riuscire a descrivere posti/situazioni/pensieri che non ha mai visto o avuto, quest’idea in parte mi spaventa. Non perché non ci siano antecedenti letterari, si pensi al celeberrimo Madame Bovary, personaggio controverso e da sempre elogiato dalla critica letteraria, seppur scritto da un uomo. Naturalmente esistono personaggi femminili ben caratterizzati scritti da autori uomini, ma credo che un messaggio del genere possa essere frainteso oggi.
Lungi da me sindacare sull’intento nobile dell’autore, che giustamente dice di voler descrivere qualcosa di cui sa poco per approfondirla, siamo davvero sicuri che la società oggi abbia bisogno di questo messaggio?
Ormai siamo figli della lettura critica echiana del lettore modello, quindi inutile dibattere su questo: sicuramente l’autore ha immaginato un lettore ideale, ha voluto veicolare un messaggio per lui/lei, e in questo momento storico ha deciso che il suo messaggio è questo. Lui, che è e si sente un uomo a 360 gradi, vuole dire come si sente una donna. Anche a me piacerebbe sapere cosa pensa un uomo, e non dico che non sia giusto provare a immedesimarsi, ma la verità è che non lo saprò mai al 100%. Davvero nel 2022, in cui sappiamo quanto la situazione per le donne e per tutte le categorie marginalizzate sia complicata, tu, maschio bianco, vuoi venirmi a dire cosa pensa una donna? Come si sente?
È inutile girarci intorno: non lo sai. E non potrai mai saperlo. Puoi essere un supporter della nostra causa, puoi conoscere benissimo tua madre, tua sorella, tua zia e la tua compagna, ma non lo sai cosa provano quando girano da sole di notte e hanno paura, non sai cosa sentono quando sul posto di lavoro devono farsi valere anche se sanno di valere, non sai cosa si prova a ricevere un’occhiata maliziosa anche alle 7:30 del mattino o all’insicurezza data da quell’attenzione non richiesta che non sai mai fino a dove potrebbe spingersi.
Magari il libro sarà anche meraviglioso, ma le premesse sinceramente non mi spingono a comprarlo o a leggerlo.

Il mio ragionamento non vuole denigrare l’intento dell’autore o la qualità del testo, ma vuole ragionare sul messaggio. I libri, i social, i programmi tv ci bombardano tutti i giorni e non possiamo permetterci di puntare sul cavallo sbagliato. Niente è solo qualcosa, quello non è solo un libro: quanti danni hanno fatto questi solo?

A cura di Gloria Fiorentini

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