Ho ancora gli occhi da cerbiatto è la narrazione di una vita apparentemente normale. È la storia dell’autore, Salvatore Claudio D’Ambrosio, come si descrive lui stesso, «bancario per professione, sognatore per vocazione».
Il libro si apre con delle pagine che definirei: la dichiarazione di intenti dell’autore. D’Ambrosio sembra giustificarsi per la sua voglia di scrivere. Si scusa di aver scritto un libro, di aver buttato giù, nero su bianco, il suo dolore solo. Egli descrive il suo punto di vista e i suoi sentimenti autentici; infatti la realtà nuda e cruda è ciò che caratterizza la sua scrittura.
Salvatore Claudio D’Ambrosio nasce in Brasile e viene adottato nei primi mesi della sua vita da Umberto e Liberata, una coppia napoletana che, metaforicamente parlando, forse anche letteralmente volendo, dà la vita a Salvatore Claudio D’Ambrosio.
L’autore descrive l’adozione come un «macigno» che lo porta ad essere afflitto da un forte senso del dovere, una continua voglia di dimostrare di aver meritato la salvezza da una vita di povertà. La crescita di Salvatore Claudio viene quindi influenzata dalla paura di essere abbandonato, da un rapporto morboso con la madre e da quello per niente facile con il padre; il tutto contornato da una gigantesca piaga di questa società: il razzismo. Nonostante fosse figlio di una normalissima e rispettabilissima famiglia italiana, Salvatore Claudio racconta che è sempre stato additato come quello di colore: cosa che lo ha portato ad avere un complicato rapporto con sé stesso e con il suo aspetto: «Mi ricordo di una relazione di quasi 10 mesi che improvvisamente finì telefonicamente.
“I miei non vogliono che stia con uno come te”
Ovvero una persona di colore.
Vi ricordate il video di “Rock Dj”, canzone di Robbie Williams? Avrei voluto fare la stessa identica cosa.
Avrei voluto strapparmi la pelle di dosso.»
Questo è il sentimento che accompagna costantemente la lettura: un forte senso di inadeguatezza e del dovere di soddisfare le aspettative degli altri.
Salvatore Claudio D’Ambrosio scrive principalmente per sé stesso. Con questo non intendo dire che all’autore non interessa essere letto, anzi, tutto il contrario; quella che egli vuole mostrare agli altri è la sua personalissima visione della sua vita.
Ho deciso di essere audace nell’esprimere quello che penso: Ho ancora gli occhi da cerbiatto non può essere identificato in nessun genere, è la versione in prosa di una poesia in versi liberi. È un libro libero.
Infatti è questo il messaggio che personalmente colgo tra le righe del libro: la ricerca della libertà di poter esprimere le proprie emozioni, di raccontare la verità. La libertà di essere sé stessi. Quello dell’autore è un atto di coraggio. A mio parere questo libro non è per tutti. È per chi ha deciso di voler diventare coraggioso ed è alla ricerca di un punto da cui partire.
Recensione a cura di Ilaria Carnara
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