Io (Tu)

La Verità
Mi bruci l’esofago
Come un chiodo intinto
nella lava incandescente
che trafora lastre di ferro.

Esplodi nelle cavità cilindriche
della gola,
che a stento mantiene la sua forma.

Ti fermi dietro ai denti,
dove poggia la lingua
quando le labbra sono
serrate.

Talèa
Aspiro a essere intera
a ricucire gole profonde
di strappi.
A ornarmi a festa rionale
di santi e spiriti.
E mentre mi esce dagli occhi il mare per te,
nel mio antro risuona la certezza
della tua assenza.

Luce votiva
Orfano
Il dolore che mi lasci.
Ogni giorno lo lavo,

lo asciugo,
lo sfamo,
lo disseto,
gli bacio gli zigomi
mentre lo cullo tra le braccia.

Giaccio sul suo letto di condannato a vita
aspettando di bastargli solo
come luce votiva.

Sotto-vuoto
Con lo stesso alfabeto di vuoti
abbiamo creato una lingua nuova.
Tu parli la sete, io il dubbio.
Tu parli l’assoluto, io l’impeto.

Chilometri di dialogo
mai interrotti,
mentre, a turno, ci affondiamo colpi
da dentro a dentro.

E il mondo continua a guardarci
come un passante incuriosito
dalla conversazione tra due sordomuti.

F23
C’era uno spazio
di manovra cieca.
Uno spazio su misura
per fragilità potenti.
Sotto le nostre dita
c’era la neve a Žižkov.

Pàthei Màthos
Juta grezza i tuoi guanti
sulla mia epidermide aperta.
Lame ghiacciate le tue parole
sui miei zigomi inermi.
Sei pietra dura
su carne viva.

Ignis Vestalis 2
Non ho mai lasciato
le nostre braci.
Ma la cenere della speranza
mi cosparge i polsi,
come a ricordarmi
che sono io l’unica
custode di questo fuoco.

Piovimi
Piovimi addosso,
non come agognata pioggia estiva,
non come conseguenza di vento
che si placa
ma come temporale ostinato d’autunno fitto,
sulla mia terra salda di radici.

Continuum
Mi trapassano lente,
le spine delle nostre rose tardive.
Si soffocano vicendevolmente
gli steli confusi,
nell’oblio delle loro radici.
La terra erutta boccioli
continui e impreparati.
In un unico spasmo vita
senza vita.

Gravità
Non ha peso il mio corpo
si leva sulle braccia
come piuma.
Non sono grave
non gravo
sono leggera
sono intera.

Sine Cura
Ti espello gradualmente.
Sei febbre
sei giunture lancinanti
disgusto per i miei cibi preferiti,
due pugnali attraverso le orbite
degli occhi.
Sei tachicardia,
il sale nei liquidi.
Sei ferita plutoniana
che si ripresenta senza cura.
Tutto quello che ho negato
e che mi abbandona gradualmente.

Fuori fuoco
Ogni giorno
al risveglio
ti vedo più lontano.
Come dalla spiaggia di Capo Vaticano
si vede lo Stromboli,
così privo di nitidezza
da sembrare surreale.

Vox Dei
Le frequenze rosa più alte della mia voce
le ho concesse a te.
Ma tu oggi non mi sentiresti
neanche se urlassi l’ultima vocale
del mio nome
al tuo orecchio.

Dispersore di terra
I tuoi argomenti
E i miei argomenti
rovinosamente cadono,
di fronte alla distesa d’acqua traboccante e innervata
senza possibili argini.

Realia
C’è una biscottiera di ceramica
sulla mensola.
Non ricordo più se è piena o vuota.
Tu mentre la apri
è un’immagine che non mi abbandona,
anche se non l’ho mai vista.

Via
Altri occhi conosceranno
le isole Egadi,
Altre mani scorreranno
sulle rocce sedimentarie.
Una nuova creatura si stupirà
del colore del tufo.
E tu, devoto a perpetua mutilazione cicatriziale,
Passerai ancora dal via.

Locus amoenus
Di tutti i miei semi
te ne ho prestato uno,
il più piccolo e ostinato.
Ha trovato terra secca
ma voleva fossi tu
il suo locus amoenus .

I doni dell’abbandono
Seppelliamo tutte le lame che
ci hanno ridotto in brandelli
fino alle arterie.
Concimiamo il terreno col dolore,
aspettando un prato di fiori di seta su cui rotolarsi.
Diamoci la voce, il petto, le spalle,
la testa, le braccia,
fino a che il sangue possa scorrere libero
ancora.

9000
Non ricordo più molte parole della tua lingua.
Non ricordo il freddo.
Non ricordo i numeri e le direzioni dei tram.
Non ricordo quasi più il profumo dei croissant e del kip curry.
Ricordo ancora le strade, i treni, le stazioni, le corse.
Ricordo le case e qualche sguardo.
Ricordo la tua casa.

Ora blu
C è un’ora in cui non si può scrivere,
non si può vedere, non si può desiderare di avere.
C è un’ora più liquida delle altre
che corrode gli slanci.
C è un’ora che mi inchioda, prima che io possa guadarla.
In cui i profumi si possono toccare
e il sole è grigio perla.
È la stessa ora in cui si vede mare dove non c’ è
e l’aria prende fuoco.

In grote lijnen
A grandi linee si puó dire
che era vero.
Per la mente, le membra, le ossa.
A grandi linee si può dire
che era ombra infuocata,
che ha bruciato tutto
quello che non è riuscita a inghiottire.
Sempre a grandi linee si può dire
che era vita, morta di pretesto naturale.

Male di stagione
Come un male di stagione
torni senza restare.
La tua eterea natura fugge
da sé stessa e si ferma
agli equinozi.


Ai solstizi ti aspettano ignari
i miei organi.
E tu, crudele, li seduci muto.

Ascendente vergine
Nel mare d’oro scuro
dei tuoi occhi,
vorrei immergere il mio corpo
e intingermi fino alla punta dei capelli.
Ma l’ambra della tua acqua
sfugge le mie dita
come sabbia incandescente.
E so di te
solo ciò che sogno.

Ti metterò da parte
Ti metterò da parte
come un libro non finito.
Come il finale mai letto
di una storia incompleta.
Come un un’urna di ceneri
di vita.
Ti metterò da parte come gli attrezzi da giardino
nell’ultimo inverno prima di cambiare casa
per una senza giardino.
Ti metterò da parte come hai fatto tu,
che me ne hai insegnato l’arte.

Vorrei che tu
Vorrei che tu
fossi una colonia,
dove si parla la mia lingua,
si festeggia il 25 aprile,
le cucine dei ristoranti sono aperte
fino a tardi.
Vorrei penetrare il tuo entroterra dalle coste,
vedere una finta resistenza  ai miei modi,
soverchiarti leggera.
Che tu non possa fare a meno del blu.

Resistere
Resistere
mi squarcia la carne.
Oggi ti lascio andare.
Non ti trattengo,
conosci la strada.
Conosco la strada.

La realtà è venuta a prendermi
fin sotto il mio portone.
L’hai mandata tu,
io ancora non sono tornata.

Ho amato di te
Ho amato di te
il non visto,
il non detto,
il non mostrato,
il nipote di tua nonna,
il figlio di tuo padre,
la spalla di tua madre.
Ho amato di te
lo sguardo perforante di giorno,
il bisogno della luce accesa di notte.
Il tuo riserbo intimo, le tue paure e le tue ossessioni
vestite a festa tutti i giorni della settimana.
Tutto quello che non ho potuto chiederti,
tutto quello che non sei stato
ho amato di te.

Non torno più
Non torno più
dove nessuno mi aspetta,
dove la sera tardi non c’è la luce accesa.
Non torno più
dove le mie radici pesano un quintale,
dove mio padre è ingombrante,
dove non posso avere ancora fame,
dove non posso sbattere le porte.
Non torno più
dove ho paura di perdere.

Estrema ratio
Mascelle serrate
Scheletro dolorante,
la necessità di scendere a patti
con i miei organi interni.
Mi inchino alla tua assenza,
come fosse sacra.
Tocca a me il falso onere
di piangerti da vivo.

Sette minuti
Le bottiglie d’acqua senza tappo,
il cimitero del pane tostato
il tappetino di yoga disteso a terra
e l’ultima stanza sempre chiusa.
Torna la voce.
Un taglio obliquo.

Data da destinarsi
Torni estraneo
Al tuo passo fulmineo
in direzione che anela
a essere contraria,
ma poi implode,
continua
e non si ferma.
Torni accentratore indifferente
Torni coi tuoi zigomi inconsapevoli
e le tempie instancabili.
E io sono aria.

Visione
Tra i ruderi di questo dolore
cammino da sola.
Vedo il sole che ti batte
sugli zigomi
e l’iride che si rischiara.
Sento il calore
del tuo corpo sulle braccia.
Non esiste alcuna traccia
eppure il mio cuore
è una metropoli terremotata.

Pepsina
Erodi e corrodi
come il più aggressivo
dei succhi gastrici,
la parete di una fame
usurante e mai placata.

Fine Serie
Le luci
La gente di fretta
Le vetrine in centro a Pisa
I ragazzi mentre organizzano una festa.
Il mondo è inarrestabile tumulto,
mentre io ingoio gli spilli
del tuo vuoto.

Il velo
Ti ho visto vivere
alla luce del tuo inganno.
Ti ho visto il ghiaccio negli occhi
E una coltre di neve nelle mani.
Immagino i tuoi fiori in regalo ad altri.
Li ho innaffiati tutti i giorni io,
che non mi faccio bastare
la tua crudeltà onnisciente.

Piramide
Fosse stato tutto facile
come il caffè americano a colazione,
come il tuo cappotto verde semiaperto
o la strada verso casa,
ti chiamerei ancora, amore.

Falene
La notte busso alla tua porta
e mi apri sorridente;
di giorno l’acciaio della tua trincea
mi paralizza.
Mentre il sangue insiste
al centro del petto.

Commotio Cordis
Le vene delle mani
si gonfiano.
Pulsano costanti sotto il peso
di quello che non posso più dirti.
Un martello mi affoga il cuore,
che quasi mi esci dalla schiena.

Shopping List
Mancava il pane
su un tavolo che non era nostro.
Noi, che di nostro abbiamo avuto
Solo il silenzio
E la certezza lucida dell’assenza.

Vade Tecum
Quando mi guardi
si rompe ogni atomo.
Della mia gola
resta solo il tuo squarcio.

Pan
Ancora mi escoria la pelle
il ricordo sul tavolo
del pandoro a ottobre
e la colomba a febbraio.
Parentesi fuori dal giusto tempo e spazio,
come quello che non avrei mai voluto
fossimo noi due.

Gioco dell’oca
La meraviglia dell’aspettarti
senza saperlo
è direttamente proporzionale
all’ustione sempre viva
del non doverlo più fare.

26 Settembre
Ci vorrebbe lo stesso zelo
per celebrarla la fine.
La stessa euforia dell’inizio,
magari una torta
e qualche invitato.
Per ricordare chi va
E chi resta.

Minuzia
Ci pensano Putin e Zelensky
Il riscaldamento globale
La battaglia sul nucleare
Il letargo ritardato degli orsi
Le api in estinzione
A ricordarmi che
soffrire a causa tua è poca cosa.

Spazio espositivo
Chi lo sa cosa penserebbe il mondo
se sapesse
che le mie ultime stagioni
sono solo il tuo spazio espositivo.

Curl
Sulle mie ginocchia
gravano i nostri pesi.
Devo lasciarti cadere
Per non spezzarmi.

Epistassi
Quando le ossa e i tendini erano esausti
hanno continuato le vene a tenerti stretto.

Ma il sangue ha dovuto scegliere dove andare
E tu non lo chiamavi
E io, epistassi da ogni parte.

Per inedia
Non bastavano le strisce di serpentino
Che volevo parlasse dalle tue labbra
Non bastava la luce calda
dietro la tenda al primo piano in via Veneto.
Non bastavano i sogni separati in simultanea
Non bastava che io fossi
Al tempo stesso
brace ardente e fonte limpida e inesausta
Non bastava la vita pensata
e una corsa sotto la pioggia incurante di Bologna
Non bastavano le ferite aperte al sole
e un sorriso per tutte le stagioni.
Tranne l’estate, perché non l’abbiamo mai conosciuta.

A casa tutto bene
A casa tutto bene.
Mio fratello aspetta la chiamata.
Mio padre la pensione
Mia madre non aspetta
Perché non ha mai tempo.
La vita aspetta me
Che nel frattempo aspetto te
Che non mi hai mai aspettata.

Note di cuore
Dove dormi tu?
Ora che non c’è più strada
Che non c’è una via vecchia
da non lasciare per una nuova.
Dove guardi?
Quando ti vuoi riempire gli occhi di un sorriso
su tua misura.
Dove leggi parole non scritte?
Dove senti un odore traforante?
Dove mi vedi ancora? E dove non mi hai mai vista?
Mentre i miei occhi
non ti lasciavano mai cadere.

Urgenza
Vorrei che tu mi chiamassi
Come se la mia voce
fosse l’unico ossigeno necessario
al tuo prossimo respiro.
Vorrei che la tua ribadita assenza
mi bastasse
per smettere di trattenere l’aria
E poi buttare tutto il fiato
dentro a un sacchetto di carta,
vedendoti arrivare.


Materia Prima
Non mi ricordo più
i tuoi orari
il corso di yoga,
quello nuovo di pilates.
Non so se farai quel viaggio a New York
Se hai finito il mio miele,
se hai ancora paura.

Rimanenze
Ora che non c’è più niente da dire
Ti direi parole di miele
in tutte le lingue.
Ora che non c’è più niente da aspettare
Ti aspetto senza lucidità.
Ora che non c’è più niente da ascoltare
Ho paura di dimenticare la tua voce.
Ora che non c’è più niente da sentire
Sento bene il peso del tuo
non volermi.

Cosa resta da salvare
Cosa resta da salvare
se non le membra stanche
di infrangersi
sulle tue rocce aguzze,
uniche testimoni viventi
dell’amore
che rimbalza e non trafigge.

Per mia mano
E’ bellissimo l’abito
Che ti ho cucito addosso.
Così tanto da farmi dimenticare
come sei,
quando sei nudo.
Chiudo gli occhi
per ricordare.
Quando li apro,
ho già dimenticato.

Temporeale
Ancora ti parlo
con il cuore poco sgombro.
Ti vedo
Senza il rosa antico dei miei filtri.
Navighi a vista,
ma leggero.
Ancora ti sogno,
come se fosse normale.


2:38
La mia giornata
È già iniziata.
Tu dormi ancora.
Mi esercito a confondere il dolore
prima che si svegli
e faccia più in fretta di me.

Sinestesia
Respiro la tua vista,
mastico il silenzio.
Collirio che brucia
il tuo sorriso intorno.
Mi tremi ancora
dentro al torace.

Vespri
Non ci aspettava la sera
Perché sapeva
Che non saremmo tornati a casa
Insieme.

Per il mio bene
Non ti ho trovato ad aspettarmi
quando ogni mio tendine
era sporgenza
verso la tua attesa.
Non ho sentito la tua voce
quando in mezzo a centinaia
avrei riconosciuto la pronuncia
della tua esse.
Non mi sono unita a te
per l’ultima consapevole volta
quando il desiderio era l’unico
a tenere insieme i pezzi della mia carne.
Non ti ho trovato per strada
in un giorno in cui non avrei avuto paura
di abbracciarti così forte
Da dimenticare il mio bene.

Unveil
La realtà si veste di tutto punto,
abbinando anche i calzini ai polsini delle camicie.
I pois della cintura al richiamo
sul bordo del cappotto di flanella
cucito a mano.
In mezzo a tanto stile
dimentico la sua carnagione,
le smagliature, i nei, le cicatrici, i gonfiori, i rossori.
È sempre troppo lungo
il tempo impiegato a spogliarla.
Yang
Il bianco sopra il nero
si muove sinuoso
a passi svelti,
ben calibrati.
Al ritmo dei tacchi
di chi conosce la strada .

Happy Birthday
In un altro 20 novembre
Avrei pensato a una festa a sorpresa
A una torta al tiramisù
A tua nonna e a Gabriela
complici insieme
di una discrezione nuova
che celebrasse ignara
la mia esistenza dentro la tua.

Vertex
Ti scriverei sui muri
facendomi inchiostro.
Colore vivo colerei
sulle colonne di cemento armato,
fino ad asciugarmi dura
di un tempo infinito.

Diatònicus
I citofoni a doppio cognome
mi ricordano
che non abbiamo corso rischi.
Se non quello di perderci,
pur non sapendo dove andare.

Dopo di te
Tutto torna del suo colore
Anche nella pioggia obliqua finissima,
nella nebbia cinerea e grossa
che ingoia i nostri dolori paralleli.
Mi fa male dentro il petto
A pensarti a cuore aperto.

Destinatario sconosciuto
Di te vorrei ricordare
le luci che non vedo
le vene che non sento
sotto le dita.
Vorrei raccontare il tuo pranzo,
il sogno di stanotte
o il tuo libro di turno sul comodino.
Invece non so neanche più
Dove vivi.

Novembre
Sembra mezzanotte
nelle strade che mi portano a casa.
E tra le cerimonie cortissime
di chi si affretta a aprire l’ombrello,
non un solo passante
a cui possa io rimproverare
la tua assenza.

Nodi
Più di qualcuno
me ne vorrà
perché continuo a scriverti:
il solo modo concesso
di percorrerti ancora adesso
che la paura è si è sciolta
ma il nodo no.

Siccità
Mi delirano i sensi
al pensiero della festa.
E mi gonfio e sospiro.
I tortelli di patate
hanno un impasto morbido.
Chi lo sa se Loredana è
di turno stasera.
A chi dirà che sei bravo?
Domani mattina è tutto chiuso.

Santa Cecilia
Oggi ho preso un’altra strada.
Il freddo che mi tagliava le mani
Non lo sentivo.
Non li sentivo i tuoi passi.
Dissacratorio il mio pianto,
insieme alla pioggia
e alle domande irrisolte
che annegavano
nel buco nero della gola.

Poesie di Francesca Ragozzino

Foto di copertina di Sofia Uslenghi

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