Io Incendio: Poirot sul Nilo è il veicolo di un razzismo
Cara lettrice e caro lettore,
Questo editoriale aveva inizialmente un aspetto diverso, una forma grezza, raffinata in seguito grazie al confronto e al dialogo con i miei colleghi e amici della Redazione; è la prova che nell’ambito artistico il dialogo è necessario, ci si arricchisce attraverso il confronto, la propria pietra diventa diamante, grazie agli spunti forniti da altre menti.
Una mia visione e una mia lettura si sono intrecciate, infatti, per questo editoriale. portando a galla una vicenda editoriale particolare che volevo proporti.
Da spettatore non impegnato, alla ricerca di programmi leggeri, scado infatti nell’ennesimo reality o nella solita serie cinematografica, da rivedere continuamente. Ben cosciente di non trovare ragionamenti o menti eccelse in questi reality, vengo ferito, comunque, da questo buio di umanità, da questa pochezza umana, in cui persone che dovrebbero avere uno spessore culturale vasto, dimostrano di avere uno spessore umano fine come la carta, scadendo in offese e attacchi razzisti. Offese, che dovrebbero essere punite, vengono, invece, giustificate in diretta, si nullifica il loro male: come elefanti in una città di cristallo, si offende un pubblico intelligente e sensibilizzato, che vede e forse subisce quotidianamente attacchi razzisti.
Questa visione scadente è arrivata in un momento fortuito, ritrovando nelle mie letture una situazione simile. Da appassionato di serie cinematografiche, mi apprestavo a leggere Poirot sul Nilo di Agatha Christie, aspettando la trasposizione cinematografica, Assassinio sul Nilo, film della casa di produzione 20th Century Studios, diretto ed interpretato da Kenneth Branagh, in uscita nel prossimo febbraio 2022, sequel di Assassinio sull’Orient Express. Nel romanzo, pubblicato nel 1937, la vacanza dell’investigatore Hercule Poirot su un lussuoso battello da crociera sul Nilo viene interrotta da un abile killer, che ha compiuto sulla nave ben due delitti. Mi sono portato avanti, anticipando la lettura del romanzo prima del film, per poter poi apprezzare o meno la trasposizione. È ufficialmente il primo romanzo che ho letto della Christie, e ne sono rimasto colpito, per le sue descrizioni discriminatorie della popolazione egiziana; una descrizione che pone in una posizione superiore i ricchi e facoltosi personaggi protagonisti del romanzo, mentre sottopone i cittadini, descrivendoli come sporchi venditori di souvenir, bramosi di poco denaro. Riporto un estratto a titolo esemplificativo:
La signora Allerton, seduta su un grande masso, aveva accanto a sé un album da disegno e un libro in grembo. […] Era circondata da un gruppetto di ragazzini neri di pelle, i quali sorridevano, agitavano le braccia, tendevano la mano con aria implorante, bisbigliando, di tanto in tanto «Bascic» con aria speranzosa. «Mi illudevo che, a un certo punto, si sarebbero stancati» disse la signora Allerton con tristezza. «Ormai sono un paio d’ore che sono qui a guardarmi… e non se ne vanno… anzi, a poco a poco si sono fatti sempre più vicino… a un certo momento mi sono messa a gridare “Imshi” e ho agitato il mio parasole contro di loro per farli scappare. Si sono allontanati per un minuto ma poi hanno ricominciato a farsi avanti e mi fissano… mi fissano… con quegli occhi che mi fanno addirittura ribrezzo… come anche i nasi, del resto. No, tutto non credo proprio che i bambini mi siano simpatici… a meno che non abbiano la faccia lavata alla bell’e meglio, e un minimo di buona educazione.
So camminare in queste letture, riesco a capirne l’occasione, e soprattutto la contestualizzazione: il romanzo è stato scritto e pubblicato nel 1937, e pertanto questo tipo di ragionamenti e di descrizioni razziste erano cristallizzati nel sistema sociale, maledetti stereotipi che facevano fin troppo rumore, diventati normali nelle radici umane di quegli anni. Quella della scrittrice, pertanto, è una neutra descrizione reale, fedele del proprio tempo, funzionale alla caratterizzazione dei suoi personaggi. Voglio riportare, però, un altro estratto, in cui ci si può interrogare riguardo a delle ambiguità circa le scelte della traduzione. Gli ospiti del battello si divertono a giocare, provando a indovinare l’identità degli altri:
e quella giovane donna quasi patetica che riesce ugualmente a divertirsi al di là del fatto che viene trattata come una schiava negra, una parente povera…
Rimango stupito da quel sintagma, era davvero necessario scrivere schiava negra, quando il traduttore poteva alleggerirne la carica offensiva, utilizzando nera. Mi sono chiesto, pertanto, il motivo della scelta della traduttrice della mia edizione, Grazia Maria Griffini, edizione pubblicata da Mondadori dal 1988 fino al 2019. Domandandomi se l’autrice volesse essere particolarmente fedele all’originale, ho ripreso il testo in lingua inglese dell’autrice, per poter attuare un attento confronto. Riporto l’originale:
the rather pathetic young woman who is obviously enjoying herself in spite of being treated like a black slave.
Puoi ben notare la differenza, caro lettore o caro lettrice; seppur black slave abbia comunque un senso dispregiativo, la traduttrice non è fedelissima al testo. La traduzione più corretta sarebbe dovuta essere Schiava nera, e non ciò che ha riportato la traduttrice. Sceglie, pertanto, di acuire il significato dispregiativo nella sua traduzione, ben consapevole di utilizzare un lemma con alta connotazione negativa, un lemma pesante in quanto nato in ambiti schiavisti. Si può domandare se la scelta della traduttrice sia totalmente consapevole; un’altra ipotesi, infatti, è che ella abbia potuto riprendere a grandi linee la traduzione precedente del romanzo, compiuta Enrico Piceni e pubblicata da Mondadori nel 1939. In questo caso, l’autrice avrebbe agito in maniera passiva, non decidendo e intervenendo direttamente sul testo, riprendendo solamente quanto fatto precedentemente; non essendo riuscito a trovare l’edizione del ’39, mi rivolgo a voi lettori di inviarcelo nel caso la aveste, sarebbe interessante confrontare queste due traduzioni. Se invece la traduzione di Griffini è cosciente e volontaria, seppur ci possa essere l’intenzione di aumentare il senso dispregiativo e offensivo del sintagma, in modo consapevole la traduttrice ha utilizzato negra, ben conoscendo la pesantezza, il male e l’offesa condotte da questo lemma, essendo iniziata negli anni ’70 e accelerata negli anni ’80 la stigmatizzazione italiana del termine. La traduttrice e la casa editrice si fanno veicoli di messaggi razzisti, li amplificano, raffinano l’offesa, rendono una pietra più affilata. Rimango interdetto, caro lettore e cara lettrice, quel lemma rende la mia lettura incerta; mi interrogo: era davvero necessario? Era davvero necessario compiere questa traduzione, era necessario continuare a ripubblicarla fino al 2019? Non ne vedo la necessarietà, ne vedo solamente poca delicatezza, in quanto una traduzione letterale non avrebbe tolto niente al senso, non avrebbe ferito, sarebbe stata consona e adatta. E invece, fino al 2019, si è continuato a leggere quelle parole, quella schiava negra, un sintagma di offesa che si muove nuovamente come un elefante in una città di cristallo. Perché il romanzo, inserito per molti anni inoltre nella fascia editoriale della Mondadori Junior, rivolta pertanto a un pubblico più giovane, ha rotto la città di cristallo di tutti quei giovani lettori che sono stati offesi, uccisi interiormente da quella parola, negra. Metto in discussione questa scelta editoriale sbagliata, dal 1988 all’2019, perché non tiene conto del pubblico di riferimento, non è sensibile nei confronti del lettore o fruitore. Appare solamente come un’azione di marketing, in cui si continua a ripubblicare un best seller senza rileggerlo e modificarlo con cura: è una pietra in una città di cristallo, quando poteva, invece, essere porcellana.
La situazione è cambiata nella nuova edizione del 2020, intitolata Assassinio sul Nilo, più fedele all’originale. La traduzione di Paolo Latino modifica il lemma, traducendo in maniera più letterale:
e l’altra, quella ragazza patetica contenta di essere trattata come una schiava nera
Una nuova traduzione pubblicata in vista dell’uscita cinematografica, trovandosi preparati per una futura nuova attenzione e vendita del romanzo. Una nuova traduzione della casa editrice che trova fortunatamente riparo da possibili accuse future, che decide di modificare quel lemma solamente precedentemente a un annunciato boom di vendite; una nuova traduzione che non nasconde, però, una venale ipocrisia della casa editrice: perché non fare questo prima? Perché intervenire solamente nel 2020, in vista di un film annunciato, e non nel 2006, nel 2011 o nel 2019? Perché continuare ad aspettare e non preservare la sensibilità e l’onore dei lettori degli anni precedenti? Sono mie riflessioni e domande malinconiche, colme di rabbia, perché ciò che conta per queste grandi case editrici nuovamente sembra non essere il lettore. Il lettore è solo una luna che ruota e illumina il libro; il denaro è, invece, il suo sole, che con la sua luce fa scomparire la luna. Ciò che conta è solo il denaro, che, come liquido puro, entra nelle banche; imponente liquido giallo che non veicola più messaggi razzisti. Ma ieri, prima del 2020, quando questo liquido giallo non c’era, ciò non contava, e si poteva cadere, si poteva scadere in queste sviste di traduzioni razziste; si potevano continuare a lanciare queste pietre, una schiava negra.
Ma voglio trovare il cristallo nelle pietre noncuranti che crollano come lapidazioni, e cito nuovamente il romanzo, le parole di un giovane, aborrito dalle piramidi in quanto simbolo di schiavitù, costruite da poveri operai:
Secondo me, gli esseri umani sono più importanti delle pietre.
Rispetto a tutte le pietre, rispetto a questi grandi prodotti poco sensibili, che siano film o ristampe ipocrite, rispetto a queste piramidi del marketing, gli esseri umani sono più importanti. Ogni ipotetico o possibile lettore, con quell’anima di cristallo, è più importante dell’oro, è più importante di me, scrittore. Tu, che stai leggendo questo Io Incendio, sei più importante delle pietre, dell’offesa o di qualsiasi appellativo razzista. E che questo sia un monito, una regola e un consiglio, per qualsiasi casa editrice che sta affogando lentamente nel suo liquido giallo.
Prima di chiudere l’articolo, ti presento, come di consueto, l’articolo della settimana: proponiamo il secondo capitolo di Epistola che rinasce dalle ceneri di Roberta Sciuto, una lettera dedicata questa volta a Marilyn Monroe: un confronto tra la donna e il suo specchio, una visione intima di Marilyn riuscita grazie alla rara capacità di Sciuto di riuscire a entrare nelle sfere più interne di personaggi storici; una lettera che senza timore definisco, davvero, un cristallo.
E cito nuovamente quell’estratto, dedicato a te, caro lettore e cara lettrice:
Secondo me, gli esseri umani sono più importanti delle pietre.
Io incendio di Antonello Costa per La redazione dell’Incendiario.
Un commento