Quando il grande giorno è arrivato, anche io sono andato a vedere NWH (dopo giorni di digiuno dai social per evitare spoiler): ho pagato il mio biglietto e mi sono accomodato sulla mia poltrona. Ma quando si sono riaccese le luci, circa due ore e mezza dopo, è stato inevitabile alzarmi e riabbottonarmi il cappotto con più di qualche dubbio. Non fraintendetemi: è stato apprezzabile assistere allo Spiderman di Maguire che ho visto da bambino, a quello di Garfield che ho visto da liceale e a quello di Holland che ho visto da universitario che interagivano e comunicavano fra loro. Ma mi sono chiesto: cosa mi ha lasciato il film oltre a una strizzata d’occhio alla nostalgia? Poco più che nulla, mi sono risposto qualche ora dopo a casa sotto le coperte.
A ben pensarci, la sproporzione tra la costruzione narrativa del film e l’effetto nostalgia giocato dai personaggi è ben evidente: intendo dire infatti che la trama è circostanziale e presenta buchi gravi in
più punti, soprattutto negli snodi decisivi (perché Electro è lì se non conosce l’identità di Spiderman? Come si risolve il problema del destino dei cattivi che tornano nei loro universi? Come fa Peter a creare in un pomeriggio in camera sua tutte le cure per gli antagonisti? Ned muove a caso la mano e fa quello che Strange realizza dopo mesi e mesi di addestramento?). Insomma, un impianto narrativo forzato (e infarcito di gag) che cerca di giustificarsi solo con quello che viene presentato come il piatto forte del film: la comparsa degli Spiderman Di Maguire e Garfield.
Già questi interrogativi basterebbero a rendere inquieto un consumatore: il mercato è stufo di propormi novità e gli basta davvero giocare con i miei ricordi per continuare a tirare avanti? Ma, lo sapete, sono anche un lettore di fumetti: e proprio per questo il film mi ha lasciato ancora più stordito. Perché, oltre alle domande che avete appena letto, non ho potuto fare a meno di chiedermi: è questo che la gente si aspetta oggi dai super? Solo botte e nostalgia? Si badi: nessuno si aspettava un film da candidatura all’oscar. La banalità con cui però questo è stato pensato aiuta a costruire l’ultimo tassello di una vulgata, come quella del supereroe in calzamaglia, pesantemente radicata nell’immaginario collettivo secondo certe coordinate.
Non posso fare a meno di ripensare alle parole che Alan Moore – il più grande scrittore di fumetti (super e non) della storia – ha pronunciato in un’intervista qualche mese fa. Il bardo di Northampton indicava infatti due avvenimenti del 2016, senza necessariamente metterli in correlazione: l’elezione di Jhonson e Trump e il trionfo al botteghino dei film sui super. Moore si chiedeva se il tutto non fosse però segno di una infantilizzazione della società, più incline a farsi sollazzare dai super che a concentrarsi su problemi complessi. Ma un discorso simile ci porterebbe probabilmente lontano, fino al panem et circensem dei romani.
Nessuno si lamenta che il cinema, o meglio un certo cinema, sia senza impegno: se esco dalla sala dopo aver visto Boldi e De Sica non posso certo andare a rompere le scatole al mondo perché “laggente è stupidah!” se si producono certi film. Però – se si sente il bisogno di un prodotto diverso – il cinema ci offre delle alternative a Boldi e De Sica. E sono queste alternative che oggi mancano in un panorama in cui il MCU ha ormai il monopolio indiscusso.
Proprio per questo motivo, approfitto delle colonne dell’Incendiario per presentare un nuovo progetto. Quello che voglio fare è dare voce a un supereroismo più maturo, parlando di opere e storie che hanno poco da invidiare ai libri più famosi e/o acclamati. Certo, non sono l’unico che si batte per un approccio del genere. Tanti altri, soprattutto sul web, lo fanno ormai da tempo (e anzi, mi hanno ispirato). Ma, adesso, tocca a me. Per questo ringrazio l’incendiario per permettermi di portare un minuscolo contributo a questa critica sui generis.
Lancio dunque una seconda stagione di “Essere o non essere…super?” che avrà un taglio differente
dalle puntate che avete letto in questo ultimo anno. Non più monografie su determinati personaggi
che spesso si concentrano anche sulla storia editoriale, bensì una presentazione di quelle opere
profonde, da leggere e rileggere. E ringrazio l’Incendiario per quest’occasione.
Essere o non essere… Super? di Fabio Massimo Cesaroni
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